TENNIS – Di Samuele Delpozzi
Sono servite quasi 3 ore di battaglia punto a punto per decretare la prima finalista del Premier 5 di Dubai: al termine di un incontro palpitante, ricco di capovolgimenti di fronte ma tutt’altro che bello, Karolina Pliskova si è aggiudicata il duello tra giovani promesse contro Garbine Muguruza, 6-4 5-7 7-5.
L’unico precedente – due anni fa al Roland Garros, vinto dalla spagnola – faceva prospettare grande equilibrio, sebbene si trattasse solamente di un primo turno. Quest’oggi erano invece in palio il best ranking ma soprattutto la finale più prestigiosa nel curriculum di entrambe, ragione che potrebbe giustificare la grande tensione ed i tantissimi errori che hanno costellato l’incontro.
A partire più tesa è la Muguruza, che incappa in 4 doppi falli nei primi 2 turni di servizio: la Pliskova non riesce a concretizzare la bellezza di 5 palle break, sebbene quasi tutte ben giocate dall’avversaria. Sul 2-3 è invece la ceca a trovarsi spalle al muro – complice anche l’arbitro Lahyani, che le nega un ace con un overrule per poi essere smentito dal falco – ma ne esce altrettanto bene, aiutata dalla sua prima devastante.
Ogni game è un’autentica battaglia che si dipana tra vantaggi infiniti, ora da una parte ora dall’altra: alla fine è la bionda Karolina ad assicurarsi lo strappo decisivo – alla decima occasione utile – grazie al prezioso contributo dell’iberica, autrice sul 3-3 di altri 4 doppi errori, incluso quello sull’ennesima palla break. Settimo game ancora una volta cruciale, dunque, con la Pliskova che s’invola verso il 6-4 senza ulteriori patemi. La Muguruza accusa il colpo e continua a non trovare il rettangolo di battuta – il decimo (!) doppio fallo la porta ad un pericoloso 0-30 in apertura di secondo parziale – ma l’avversaria manca il colpo del probabile K.O., perdendo per una volta la proverbiale impassibilità, con tanto di urla e lancio di racchetta.
I ruoli improvvisamente s’invertono, anche al cyborg ceco va in tilt il software del servizio ed iniziano a fioccare le occasioni per Garbine, incapace di concretizzare una miriade di palle break. Come da inizio match, comunque, è sempre la battuta a fare la differenza… in negativo: sul 5-6 il fortino Karolina viene (auto)espugnato per la prima volta, con un emblematico doppio errore – il decimo anche per lei – proprio sul set point. Tutto da rifare dunque, quando l’orologio a bordocampo segna già le 2 ore di partita.
La Pliskova sembra ora la più scossa a livello nervoso, furibonda e apparentemente sul punto di crollare. Nonostante ciò, è proprio lei a procurarsi le opportunità più ghiotte ad inizio del terzo, ma scivola ad uno sconfortante 1/13 di concretizzazione sui break point. Se Atene piange, Sparta non ride, comunque: sul 4-3 è il turno della Muguruza sprecare lo sprecabile, quasi pareggiando la mancanza di killer instinct della rivale con il suo personale 1/11.
La resa dei conti definitiva arriva sul 5-5, quando è proprio l’ispano-venezuelana – fino al quel momento apparsa più solida, e leggermente favorita al rush finale – a consegnarsi, sulla scia del 16° doppio fallo del suo sciagurato match. E se il bel tennis persiste a latitare, non così le emozioni: al servizio per il match, la Pliskova si concede un ulteriore brivido, scivolando sullo 0-40 prima di chiudere 7-5, dopo 2 ore e 55 minuti in altalena.
Con questa vittoria, la ventiduenne boema si garantisce l’ingresso in top-15 (potenziale numero 12, in caso di trionfo domani) per la prima volta in carriera, forte anche degli ottimi risultati delle precedenti settimane – finale a Sydney, semi ad Anversa, terzo turno a Melbourne. Una continuità invidiabile, che la proietta già al quarto posto nella race da inizio 2015, mentre la Muguruza può consolarsi con un posto tra le prime 20.
Unica ombra sull’ascesa di entrambe, il gioco, o più precisamente la mancanza di esso: 26 doppi falli complessivi (16-10 alla fine), una valanga di errori-orrori gratuiti, mancanza pressoché totale di qualsiasi variazione sul tema – in proposito, davvero disastrosa la Muguruza nei pressi della rete.
In finale la ceca trova Simona Halep, che si è imposta in un match a due volti contro Caroline Wozniacki. La danese, dopo un netto 6-2 nel primo parziale ha vinto appena due dei successivi quattordici game, dimostrandosi meno fresca fisicamente rispetto alla rumena. Forse ha accusato lo stesso problema che le stava giocando un brutto scherzo anche nel match contro Samantha Stosur. Lì si salvò 7-5 al terzo set, qui invece è stata punita dalla bravura della sua avversaria,c he domani andrà a caccia del suo decimo titolo in carriera, il secondo in stagione dopo quello di Shenzhen.
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