TENNIS – MELBOURNE – di ROSSANA CAPOBIANCO – Novak Djokovic batte Andy Murray 76 67 63 60 e vince il suo quinto Australian Open (record Era Open) e il suo ottavo torneo dello Slam, il primo da papà. Una partita non bella costellata da tanti errori che però un Djokovic non al meglio vince per solidità e volontà.
Guardiamoci in faccia e diciamoci la verità: abbiamo visto finali di Slam migliori.
Una recente: quella tra lo stesso Novak Djokovic e Roger Federer a Wimbledon 2014, dove il livello tecnico è stato accompagnato anche da diversi colpi di scena.
E’ anche vero che ce ne sono state di peggiori, di più scontate, di assolutamente prevedibili.
Ma in questa lotta feroce tra Djokovic e Murray, al terzo atto qui a Melbourne, non si è mai davvero avuta l’impressione che lo scozzese prevalesse in questo flusso continuo di alti e bassi da parte di entrambi.
Una partita di tenacia e forza, muro contro muro, geometrie e scacchi, poco coraggio e poco spettacolo. Del resto i precedenti tra i due parlavano chiaro: l’incrocio tra caratteristiche troppo simile in una superficie gradita ad entrambi produce un effetto non esattamente esaltante.
Come spesso accade in match femminili, break e contro-break l’hanno fatta da padroni: il serbo è scappato via a inizio primo set, per farsi poi riprendere e infine rimontare al tie-break. Nel secondo parziale è stata la volta dello scozzese, piuttosto incostante alla battuta; Murray però ha giocato un gran tie-break, con Nole che a intervalli più o meno regolari perde l’equilibrio e la coordinazione. Più di due ore e mezza, un set pari.
“Colpa” anche e soprattutto della qualità della loro risposta, certo, ma anche di una seconda di servizio attaccabile e di una condizione non eccelsa, di nervi che saltano, del fatto che si conoscano perfettamente fin da juniores (agli Australian Open del 2006, ben 9 anni fa ormai, i due disputarono il torneo di doppio insieme).
In questa giostra di emotività e resistenza, il più solido è certamente Novak Djokovic, la cui volontà prevale su quella troppo complessa e tendente alle lamentele del suo amico Andy, che però in tribuna vince, grazie alla sua fidanzata e futura moglie, Kim Sears, a cui non manca il senso dell’umorismo dopo i video diffusi e gli insulti a Berdych:
E mentre tutto scorre, Novak si prende gli Australian Open, divenendo il giocatore più vincente a Melbourne dell’Era Open, ben cinque volte: 2008, 2011, 2012, 2013 e 2015. Lo fa vincendo 9 giochi di fila tra il terzo e il quarto set, piegando ogni difesa di un Murray che abbandona troppo presto.
E’ anche l’ottavo torneo dello Slam per Nole, il primo da papà, orgoglio maggiore per lui.
Il tennis, però, ha recuperato un Murray spesso criticato da misogini e superficiali analisti per la scelta di un coach come Amelie Mauresmo, che conosce però bene il tennis e anche quello maschile e che nell’ambiente è parecchio stimata. A Murray è mancato quello che spesso in carriera gli è mancato: la cattiveria. Il tennis e la piena forma però, sono quasi al loro massimo.
Il fatto che Djokovic giocando non al suo meglio sia riuscito a piegarlo spiega però quale sia il gap al momento tra il serbo e lo scozzese. Quando sembra che le cose stiano per cambiare nel tennis maschile, ci si accorge che tra quelli che hanno raggiunto le semifinali il più giovane era lui. Ormai un veterano e assoluto numero uno del tennis mondiale. Magari non darà sempre spettacolo, non sarà esaltante, non aizzerà le folle. Vincere anche non al meglio però è una dote che solo i grandi campioni possiedono.
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