TENNIS – Di Andrea Scodeggio
Un gradito ritorno, o meglio uno che non se n’è mai sostanzialmente andato. Solamente è stato un po’ messo da parte dalle bizzarrie e gli exploit, positivi e non, di Fabio Fognini, più abile di lui nel prendersi il palcoscenico mediatico ed informatico (vedi social network). Eppure Andreas Seppi non sì è ritirato dal mondo del tennis.
Non ha messo un biglietto alla porta, come fanno i negozianti che devono sbrigare una veloce commissione, con su scritto: “Torno subito”. Lui, semplicemente, ha avuto un brutto 2014 che lo ha allontanato dai primi 50 del mondo e che ce lo ha fatto dimenticare un po’ troppo presto.
Ora il ritorno, non forse così atteso, vista anche l’età anagrafica non tennisticamente giovane, ma di sicuro sperato, poiché il tennis italiano ha bisogno anche di lui, soprattutto in chiave Davis Cup.
I risultati raccolti sono stati molto buoni, addirittura ottimi: la semifinale all’ATP di Doha, persa da Berdych, l’incredibile vittoria agli Australian Open contro Roger Federer ed infine la finale di Zagabria, persa purtroppo contro Garcia Lopez.
Eppure di questi exploit la carriera di Seppi ne ha fatto un suo marchio di fabbrica e la vittoria contro Federer, che su tutte brilla ancora di luce propria grazie anche allo splendido match point messo a segno, non rappresenta un caso isolato. In passato l’altoatesino ha saputo battere Nadal (Rotterdam 2008), Wawrinka (Roma 2012), Cilic (Australian Open 2013) e sfiorata l’impresa contro Djokovic al Roland Garros 2012 (era avanti di 2 set a 0): tutti top ten rinomati e tutti almeno vincitori di in uno slam. Sciorinando altri numeri, basti pensare al fatto di essere l’unico tennista italiano ad aver vinto un torneo ATP sull’erba (più altri due tornei ATP su terra e su cemento, unico italiano ad aver vinto su tutte e 3 le superfici), una semifinale master 1000 ad Amburgo, numero 18 come best ranking e quattro ottavi di finali nei tornei del grande slam: 2 agli Australian Open, 1 Wimbledon, 1 Roland Garros.
Nonostante ciò, la ribalta non gli ha mai sorriso e gli è sempre stato calzato il ruolo del buon gregario e mai del cavallo di razza su cui affidare le speranze di ricrescita del nostro tennis. Complice la sua carriera di alti e di bassi, poiché 3 soli titoli ATP 250 e nessun quarto di finale slam alla fine sono risultati buoni ma non eccellenti. Anni addietro sarebbero stati presi come eccelsi, ma con il ritorno dell’interesse del tennis in Italia e la crescita del movimento, soprattutto con i risultati delle donne, hanno contribuito a dare meno peso a ciò che è stato raccolto. Probabilmente anche quel suo carattere schivo, composto, ma non fragile come si potrebbe erroneamente pensare, non lo ha mai aiutato a livello comunicativo.
Il tennis non gli è mai mancato, nemmeno la virtù al sacrificio ed alla lotta (quante sfide terminate al quinto set) ma il guizzo del campione lo ha difettato, anche dopo le imprese contro i top ten che hanno finito per essere bollate come casuali, perché non accompagnate da conferme nei risultati. Non è un caso se dopo la straordinaria vittoria su Federer, contro il 18enne Kyrgios abbia perso (in vantaggio di due set a zero) e vanificato il prestigioso successo precedente.
Non bisogna però accusare Andreas di mancanza di personalità, perché quelle vittorie stanno a testimoniare il contrario, ma in pochi sembrano essersi accorti di lui in questi anni ed il declino del 2014 è stato etichettato come inevitabile, o quantomeno come il viale del tramonto di un trentenne che ha già dato il suo meglio. Invece, eccolo smentirci e riproporsi come meglio non avrebbe potuto e meritandosi l’onore di essere stato il primo italiano ad aver fermato il più grande tennista dell’era Open in uno slam.
Non si potrà prevedere se Andreas potrà tornare a raggiungere o addirittura superare il suo best ranking del 2013, ma intanto è risalito al numero 35 del mondo e di questo passo la strada per ritornare nei top 20 può essere in discesa, non avendo molto da difendere.
Il carattere non gli manca, la determinazione e la voglia di giocare ancora a tennis pure, ora non resta che continuare sul cammino intrapreso quest’anno. Il basso profilo non sarà d’attrazione, ma i risultati contano più di tutto e Andreas, in questo, non ha mai veramente deluso nessuno. Bentornato Seppi.
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