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Australian Open: Wawrinka cede lo scettro, quinta finale a Melbourne per Djokovic

TENNIS – AUSTRALIAN OPEN – DI DANIELA DOLCE. Novak Djokovic rivendica la sconfitta subita lo scorso anno ai quarti ed elimina il campione in carica con il punteggio di 7-6 3-6 6-4 4-6 6-0, qualificandosi per la sua quinta finale a Melbourne.

Tre ore e 35 minuti di gioco, un match che fatica a decollare anche a causa della troppa tensione da parte di entrambi i giocatori. L’avvio di partita è piuttosto equilibrato e sembra rispecchiare le aspettative di chi ha assistito ai precedenti scontri diretti, partendo da quei cinque set ai quarti di finale dello scorso anno, o qualche mese prima alla semifinale di Flushing Meadows. I primi cinque game volano via con una prestazione al servizio praticamente impeccabile da parte di entrambi, ed è 3-3 in poco più di 10 minuti. È Djokovic a concedere il primo break nel settimo gioco, con 4 errori non forzati. Ma la reazione non si fa attendere: dopo aver sfogato la sua rabbia al cambio campo, il serbo ottiene il controbreak a 0. Stan riesce comunque ad annullare due set point e a raggiungere il tie-break, che però scorre via a senso unico, con uno svizzero decisamente spento. 7-1 e primo set per Djokovic in 43 minuti.

Come previsto, Wawrinka alza il ritmo nel secondo set, salvando 2 palle break consecutive nel game d’apertura. Un doppio fallo di Nole regala il break all’elvetico sul 2-3: troppi errori soprattutto di dritto da parte del serbo in questo frangente, spesso in ritardo sulla palla. Stan appare decisamente più concentrato, e con dei colpi più profondi spazza via il suo avversario e prende il largo sul 5-2, mettendo a segno 3 ace. E in 36 minuti è già 6-3.

Dopo aver chiuso a fatica il game d’apertura del terzo set, Djokovic scioglie il braccio: bravo a coprire il campo, ha più ritmo, avanza e cerca gli angoli, portandosi subito sul 3-0. Ma la palla del 4-0 è un’altra occasione sprecata. Il set avanza tra errori non forzati e sporadici lampi di genio. C’è ancora tanta tensione e troppa fretta, la partita prosegue senza un vero e proprio filo logico. Alla fine il serbo riesce a portare a casa il terzo parziale per 6-4, ma è talmente teso che nemmeno si accorge di aver chiuso e si appresta a servire nuovamente.

La quarta frazione si presenta come una fotocopia della precedente, col numero uno che ottiene subito il break di vantaggio, realizzando due recuperi pazzeschi… ma, ancora una volta, non riesce a consolidare e perde la battuta sul 2-0. Troppi errori, poca intensità, scambi brevi e tante occasioni sprecate nei momenti importanti. Si riaccende così la speranza per Stan, che annulla altre tre palle break sul 2-1 e mette a segno dei rovesci lungolinea vincenti. Stavolta l’elvetico è aiutato da un avversario decisamente troppo falloso, che cede addirittura un game di servizio a zero e consegna il set per 6-4 con una tremenda statistica di 0 vincenti e 14 errori non forzati.

Arriva quindi l’atteso quinto set, di certo non con la qualità di gioco sperata, ma il pubblico di Melbourne sembra comunque apprezzare la lotta. La reazione di Djokovic era più che prevedibile, dopo tre ore di gioco non all’altezza di un numero uno del mondo in una semifinale Slam: break in apertura e 2-0. Stavolta il serbo non si lascia sfuggire quella che potrebbe essere la sua ultima occasione e consolida il vantaggio, trovando delle risposte più profonde e mostrandosi più lucido e concentrato. Il ruggito sul 4-0 testimonia la sua voglia di vincere, mentre Wawrinka sembra ormai aver smarrito la bussola e non riesce più a tenere un game alla battuta. 6-0.

Novak Djokovic raggiunge così la sua quinta finale in terra australiana (in cui vanta un record di 4 vittorie su 4). Un Nole che, nonostante la prestazione altalenante, questa finale la desidera con tutto se stesso, forse ancor di più dopo quella mancata alle ultime ATP Finals. Perché trionfare a Melbourne per la quinta volta significherebbe fare la differenza, lasciare un segno sulla “sua” superficie, così come i compagni di Top 3 hanno fatto su erba e su terra rossa. Ma tra lui e il sigillo australiano c’è un ritrovato Andy Murray, che non sembra aver intenzione di mollare tanto facilmente.

 

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