TENNIS – Di Diego Barbiani
BRISBANE. Tra la vittoria su Guillarme Raoux del settembre 1998 a Tolosa e quella odierna su Milos Raonic a Brisbane c’è di mezzo un oceano di storia e trionfi. Roger Federer ha sfondato la barriera delle mille vittorie in carriera il giorno della vittoria nel suo ottantatreesimo trofeo in bacheca, il primo ottenuto nella cittadina del Queensland.
E’ il terzo giocatore di sempre a tagliare questo traguardo mastodontico. Jimmy Connors è a 1253 mentre Ivan Lendl a 1071, un duo esclusivo che da oggi dovrà fare un po’ di spazio al nuovo arrivato. Ecco qui inoltre il video che l’ATP ha voluto dedicargli per onorare il risultato odierno:
Era il 28 settembre di ormai diciassette anni fa ed al primo turno del torneo francese di Tolosa un Federer da poco diciassettenne inflisse un rapido 6-2 6-2 a Raoux. “Sapevo che aveva appena vinto lo US Open junior – disse, nel 2012, il francese – lo conoscevo abbastanza e la sua classifica all’epoca lo metteva oltre l’ottocentesima posizione mondiale”. La sua carriera nel tennis non ebbe altrettanta fortuna e dopo qualche anno decise di lasciare per entrare nel mondo del lavoro. Al momento si occupa di un fondo d’investimento francese e riguardo a quel match aggiunse: “Dopo tanto tempo capisco che sia diventata una notizia importante perché ho dato il via in qualche modo alla lunga striscia di vittorie di un grande campione, ma per me fu una semplice sconfitta al primo turno. due giorni dopo era tutto dimenticato”.
Raoux si imputò parte di quel 6-2 6-2 per aver avuto difficoltà a recuperare da un fine settimana di Coppa Davis in Israele: “Ero particolarmente stanco dopo una tre giorni di Coppa Davis. Lui aveva già ottimi colpi, ma non avrei potuto dire se tutto quel talento sarebbe stato sfruttato poi al meglio”. Ed ha ragione. Gli esempi di giocatori che già in età adolescenziale si fanno notare per la grande qualità del loro gioco hanno poi bisogno di persone autorevoli accanto, figure paterne che possano accompagnarli nella crescita e permettergli di sfruttare al meglio il dono che madre natura ha fatto.
Da Tolosa 1998 a Milano 2001. Dalla prima vittoria alla sessantesima, tanto Federer ha dovuto attendere per sollevare il suo primo titolo da professionista. L’avversario quel giorno fu un altro francese, Julien Boutter. “Non avevo giocato molto bene durante la settimana, ma sentivo che con il passare dei turni le sensazioni erano sempre più positive ed il mio approdo alla finale credo sia stato ampiamente meritato.”. Si giocava sul Taraflex, in condizioni indoor. Ancora la federazione internazionale non aveva deciso di togliere velocità ai campi ed il gioco all’attacco di Federer alla fine prevalse per 6-4 6-7(7) 6-4. “Alla minima occasione lui scendeva a rete – continua Boutter – per mettere grande pressione all’avversario. Era un gioco molto simile a quello di Pete Sampras”. Neppure lui però poteva immaginarsi un futuro così radioso per Federer: “Era una finale, volevo vincere il trofeo a tutti i costi. Ora però ho una storia da raccontare ai miei figli, posso dire loro di aver dato il via alla sua serie incredibile di successi”.
Quell’anno, a Wimbledon, giunse la vittoria da molti considerata con gli anni il passaggio di consegne ufficiale tra il dominatore degli anni precedenti, Pete Sampras, e colui che avrebbe preso il suo posto sul trono. Un solo incontro ufficiale tra due dei più forti giocatori di tutti i tempi sull’erba, Sampras che cercava l’ottavo alloro ed un diciannovenne Federer smanioso di mettersi in mostra nel tempio del Centre Court, lì dove si scrive la storia. Alla fine fu lui a spuntarla 7-6(7) 4-6 7-5 6-7(4) 7-5 in una partita emozionante, la novantunesima vittoria per Federer. “Ho perso contro un grandissimo giocatore” disse l’americano. Wimbledon quel giorno scoprì un fenomeno, Sampras uscì dal campo battuto nonostante quattro ore di tennis di livello assoluto. Fu difficile assorbire la portata del risultato, ai quarti contro Henman non riuscì a giocare vinto dal nervosismo di chi si è visto catapultato in una nuova dimensione. Federer non era più un semplice ragazzotto dai capelli legati sulla nuca e con grandi potenzialità, a quel punto era chiamato a diventare il re di quell’universo.
Boutter ricorda con piacere ogni volta che incontra Federer: “Mi stupisco sempre della sua memoria, è incredibile come riesca a ricordarsi tutto! Spesso parliamo dei nostri incontri e di come io abbia davvero segnato gli inizi della sua carriera”. Infatti, il francese non solo ha cominciato la sua lunga serie di trionfi ma ha anche “regalato” la centesima vittoria in carriera. Fu al termine della semifinale di Basilea di quell’anno. Nel giugno del 2003 arrivò il primo titolo Slam. Nel giorno della vittoria numero duecentootto lo svizzero si impose su Mark Philippousis 7-6 6-3 7-6. Da lì cominciò la sua striscia vincente sui campi in erba, dove tra Wimbledon ed Halle rimase imbattuto fino al 2008 con la finale persa 9-7 al quinto su Nadal.
Un anno prima avvenne il giro di boa. A Monte Carlo lo svizzero superò David Ferrer nei quarti toccando quota cinquecento mentre sempre nel principato, due anni dopo, ottenne la prima vittoria da uomo sposato, la seicentotrentacinquesima della carriera ottenuta contro Andreas Seppi. Fu l’inizio di un periodo d’oro, perché di lì a qualche mese avrebbe ottenuto prima il successo a Madrid contro il rivale Rafael Nadal, poi il primo (ed unico) titolo al Roland Garros in finale contro Robin Soderling, grande protagonista di quel torneo con il successo (unico giocatore, al momento, della storia ad esserci riuscito) proprio contro Nadal. Fu la seicentocinquantesima vittoria per lui, ottenuta con tutto lo stadio schierato dalla sua parte in una giornata piovosa, carica di elettricità. Quel giorno Federer dovette combattere contro mille avversari tra cui la sua emotività ma anche l’invasore di campo che all’inizio del secondo set gli corse addosso per legargli al collo la bandiera spagnola. Al termine però fu l’inno svizzero a risuonare all’interno del Philippe Chatrier e Federer entrò nella ristretta cerchia di giocatori in grado di vincere almeno una volta le quattro prove dello Slam.
Quel successo lo portò a quattordici titoli dello Slam. Aveva eguagliato Pete Sampras. La storia però è decisamente bizzarra e poche settimane dopo ecco l’occasione per superare anche quel record. Settima finale a Wimbledon consecutiva, l’avversario era Andy Roddick. Sampras ammirava dal Royal Box. La voleè mancata del possibile due set a zero per Roddick nel secondo parziale spense il sogno a stelle e strisce e riaccese quello dell’elvetico, che dovette comunque sudare fino all’incredibile 16-14 finale per rimettere le mani sul trofeo. Fu la seicentocinquantasettesima vittoria, ma soprattutto quella che lo portò in alto da solo nella classifica dei giocatori con più titoli dello Slam vinti.
Negli ultimi anni sono arrivati altri due Slam, decine di trofei ed infiniti riconoscimenti da ogni angolo del mondo. Il tassello delle mille vittorie non può che dar più splendore alla sua immagine, uscita negli anni da semplice tennista e divenuto personaggio a 360°, tra impegni umanitari con la propria fondazione ed interessi nel mondo dell’economia e del marketing con l’associazione fondata assieme al suo agente Goldsick, la “team8”, che gestisce le immagni ed i diritti di numerosi altri giocatori tra cui anche Juan Martin Del Potro.
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