TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Il ranking Atp dà un peso eccessivo ai risultati ottenuti nei Challenger, facendo sì che alcuni giocatori si costruiscano una buona classifica senza quasi frequentare il Tour maggiore. L’argentino Diego Schwartzman è il caso più lampante, ma anche il nostro Simone Bolelli se ne è giovato per risalire la china dopo l’infortunio.
Sei vittorie in quindici match. È questo il bilancio 2014 di Simone Bolelli nei tornei del circuito maggiore: il bolognese, bravo a raggiungere il terzo turno a Wimbledon da lucky loser, chiuderà l’anno al 55esimo posto del ranking mondiale soprattutto grazie al Challenger Tour, in cui ha conquistato quattro titoli (Bergamo, Vercelli, Tunisi, Oberstaufen). Alle sue spalle troviamo, nell’ordine, l’australiano Bernard Tomic (n. 56), che nel World Tour ha totalizzato diciassette successi in trentadue incontri disputati, lo statunitense Donald Young (n. 57), diciotto su quaranta, e l’ucraino Sergiy Stakhovsky (n. 58), venti su quaranta.
L’argentino Diego Schwartzman è poco dietro, in 61esima posizione, avendo giocato soltanto sei match nel circuito maggiore, e con appena due successi. Il giovanotto di Buenos Aires figura giusto davanti al connazionale Juan Monaco (n. 62), che di incontri Atp ne ha disputati 42, vincendone 22.
Schwartzman, il caso più clamoroso, ha costruito la sua classifica quasi esclusivamente nei Challenger. Ne ha vinti cinque, Aix en Provence (su Andreas Beck), Praga (su Andre Ghem), Campinas (ancora sullo stesso Ghem), San Juan (sul brasiliano Joao Souza) e le Finals di San Paolo (su Guilherme Clezar) ed è stato finalista a Itajai (battuto da Facundo Arguello) e a Porto Alegre (sconfitto da Carlos Berlocq). Fino alla vigilia dell’ultimo torneo dell’anno, cui si è presentato già da n. 77, non si era mai imposto su un avversario incluso fra i primi cento (a San Paolo ne ha superati tre, il migliore Bolelli, allora n. 60): nello stesso arco di tempo, Monaco ne aveva battuti diciotto.
Per restare dalle parti di casa nostra, Andreas Seppi, che pur in una stagione poco brillante ha fatto suoi 24 match (su 54) nel Tour principale, ha dovuto giocare e vincere il Challenger di Ortisei per assicurarsi un posto fra i top 50 year end. In Val Gardena, dove l’avversario di più alta classifica è stato il n. 157 Matthias Bachinger, il bolzanino ha raccolto 90 punti: il doppio rispetto a quelli guadagnati con ognuno dei sei quarti di finale raggiunti a livello Atp o con il magnifico successo sull’idolo di casa Lleyton Hewitt agli Australian Open.
Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma ciò che appare lampante da questi dati è l’eccessivo peso dato ai risultati ottenuti negli eventi minori. È giusto e logico che nei Challenger (e nei Futures) i tennisti emergenti abbiano la possibilità di accumulare esperienza e salire in classifica, ma i punti in palio sembrano onestamente troppi (o pochi quelli Atp Tour, il che è lo stesso). Una volta, a riequilibrare un po’ le cose, esistevano i bonus point, assegnati in base alla classifica del giocatore battuto, ma sono stati da tempo cancellati.
Nessuna critica, comunque, può essere rivolta ai giocatori. A scanso di equivoci, bene hanno fatto, fra gli altri, Schwartzman e il nostro Bolelli ad approfittare delle norme attuali per costruirsi ranking di tutto rispetto (tanto più che Simone era reduce da un infortunio che lo aveva fatto precipitare in graduatoria senza alcun demerito). È chiaro, però, che il salto di qualità del 22enne argentino e il ritorno su buoni livelli del 29enne bolognese potranno essere certificati in pieno solo dai risultati che otterranno nei tornei del circuito maggiore. Al di là di quel che il ranking possa sostenere.
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