TENNIS – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Roger Federer domenica inizierà un’altra campagna per la conquista di quello che potrebbe essere il suo settimo sigillo al Master e durante il Media Day a Londra ha parlato dell’effetto Edberg sulla sua carriera, del segreto per continuare a giocare alla sua età, dei consigli a Djokovic e di molto altro.
Rilassato e consapevole dei giorni faticosi che lo aspettano, Roger Federer arriva a Londra come un turista qualsiasi: fa il giro della città con la famiglia, va a vedere le installazioni di Poppies alla Tower of London e si allena, riconciliato dopo gli US Open con il suo idolo e coach, Stefan Edberg.
In un’intervista concessa a Simon Briggs per il Telegraph Roger parla apertamente di sé e di quanto è cambiato da un anno a questa parte. Quando si era presentato a Londra la scorsa stagione, lo aveva fatto in extremis, qualificandosi a Parigi e dopo una stagione a dir poco travagliata:
«Come Andy Murray ho sofferto di un problema cronico alla schiena anche se io per fortuna non ho dovuto operarmi ma posso comunque comprendere il suo disagio: non sai mai le tue reali condizioni fisiche e di conseguenza anche mentalmente non puoi essere al 100% sul campo. E’ stato Edberg a contribuire a cambiare le mie abitudini; di solito mi prendevo lunghe pause, sono sempre stato abituato così. Stefan mi ha fatto capire che queste vanno bene quando sei più giovane ma, man mano che vai avanti con l’età è meglio tenere ‘caldo’ il tuo corpo e continuare a giocare, attraverso i giusti esercizi e i giusti movimenti».
Infatti uno dei segreti è indubbiamente stato il cambiamento tattico prima che tecnico avvenuto gradualmente con l’avvento di Edberg nel suo angolo:
«Naturalmente più attacchi meno devi reagire fisicamente. Se devi sempre reagire a quello che fa il tuo avversario, il tuo corpo subirà uno stress maggiore e diventa davvero difficile continuare a sostenere questo nel corso delle partite, dei mesi, delle stagioni. Il tuo corpo deve poi compensare a queste reazioni nervose e prima o poi ne soffrirai per forza».
Non sono questi i soli ingredienti per fare in modo di rimanere al top anche a 33 anni dopo una stagione deludente, però:
«E’ certamente vero che Rafa, Djokovic e Murray mi hanno reso un giocatore migliore: soprattutto Rafa perché è stata una sfida che mi ha portato a dover trovare accorgimenti a causa del suo modo di giocare, molto diverso da quello degli altri. Ma non è per questo che continuo a giocare, gioco perché amo giocare, amo stare in campo, amo questo sport. Sarei stato ancora in campo anche con la generazione precedente o con quella di Raonic, per dire. Non sono uno che ha bisogno di sfide per rimanere a giocare, per avere motivazioni, a me piace godermi il tennis, è tutto qui»
Parla poi del rapporto ora più vicino con Novak Djokovic che nel corso della stagione più volte gli ha chiesto consigli su come gestire la paternità da professionista sportivo:
«Mi spiace solo che non abbiamo molto tempo e occasioni per parlarne in maniera approfondita, sempre pochi minuti, sempre saltuariamente. A Parigi sono riuscito a malapena a fargli gli auguri, abbiamo parlato un po’ ma sicuramente puoi scorgere la voglia e la determinazione che lui ha nel trovare il modo per godersi famiglia e tennis e credo sia una cosa davvero bella. Cerco ovviamente di dargli qualche dritta ma non credo che lui ne voglia parlare con la stampa».
E’ pronto, Federer. Pronto per un finale di stagione colmo di sfide e di prime volte (la finale di Davis), ma non lo vediamo in campo solo per quello. Quella rete e quella pallina sono ancora più importanti di tutto il resto per lui.
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