di LUIGI ANSALONI
LILLE. Di guerra gli svizzeri non ne capiranno molto, essendo da sempre un popolo neutrale che bellamente se ne frega di conflitti bellici vari, ma a Lille le truppe tennistiche rossocrociate hanno compiuto un’impresa degna del generale von Clausewitz.
Certo, direte voi: facile fare strategie e vincere quando hai dalla tua parte il numero 2 e il numero 4 del mondo, ma se c’è una cosa che ci ha insegnato questa finale di coppa Davis, è che non c’è niente di scontato e che tutto può cambiare molto, molto in fretta. Classe di Federer e gioco di Wawrinka a parte, il vero capolavoro lo ha fatto, per una volta, chi sta in panchina. In questo caso, Severine Luthi. Personaggio molto spesso denigrato e quasi irriso per il suo (poco) peso specifico al cospetto delle decisioni e degli umori di Federer, ma quanto mai determinante in questa finale. Ha saputo compattare e fare da scudo ad un ambiente, quello svizzero, comunque sull’orlo di una crisi di nervi. Per inciso: non per lo screzio tra Federer e Wawrinka e Mirka nella semifinale delle Finals, cosa stra-ingigantita dai colleghi d’Oltralpe in un geniale tentativo di destabilizzare l’ambiente, quanto per la schiena di Roger. Ogni dichiarazione, ogni conferenza stampa, ogni decisione e ogni tattica è stata semplicemente perfetta. La decisione di schierare un Federer malconcio contro Monfils, la “finta” del doppio, i “mind games” svizzeri contro gli isterici francesi, che già erano sicuri di portarsela a casa questa coppa, dopo aver visto Federer malconcio distrutto da Gael. Insomma, per una volta, il capitano di Davis non è stato poi così inutile, cose qualcuno maligna (non per Luthi in generale proprio). Luthi, semplicemente, ha azzeccato tutto. Il contrario del suo collega Clemente. Ma di questo (già ve lo anticipo) ce ne parlerà Enzo Cherici…
E poi si, vabbè, troppo facile dire Federer, Federer e ancora Federer. Lunedì non riusciva quasi a camminare, non si è allenato per due giorni. Parole sue, a tratti non riusciva a prendere in mano una racchetta. Venerdì ha accettato di farsi umiliare (sì, umiliare) di fronte a 27000 persone da Monfils, che pacatamente (come suo solito) gli saltava davanti ad ogni punto. Era un rodaggio, un vedere come reagiva la schiena. Da quella sconfitta è iniziato il trionfo della Svizzera. E Federer, e anche Luthi, evidentemente in conferenza stampa ne erano consci, visto i sorrisi e le battute, che hanno stupito e non poco i presenti. Ventiquattro ore dopo quelle risate erano diventate chiare. In coppia con Wawrinka Federer ha giocato una partita clamorosa, bissando poi la prestazione domenica, dove ha ammazzato (esecuzione bella e buona) Gasquet. Non sappiamo se questo sia stato l’ultimo miracolo della straordinaria carriera di Roger, ma è stato sicuramente il modo migliore di salutare la coppa Davis. E, detto per inciso, anche per zittire qualche detrattore che in Svizzera gli rimprovera di non essersi mai impegnato più di tanto per la sua nazione. Ecco, l’insalatiera è, per fare un esempio magari un può blasfermo, è un: cari compatrioti, prendete e mangiatene tutti…
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