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Coppa Davis: Federer, Wawrinka e quegli ultimi giorni a Melbourne…

TENNIS – DAVIS CUP – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Un trionfo che in Svizzera aspettavano da decenni, una coppa che a Federer è stata chiesta dall’inizio della sua carriera: è stata però una telefonata a cambiare tutto, quella di Wawrinka dopo la vittoria agli Australian Open. Roger decide di puntare sulla Davis, tutto cambia.

“Questa vittoria non è per me, è per loro, per la gente. Io non ne avevo bisogno ma sono troppo felice”. Queste le prime parole di Federer subito dopo la gioia e i festeggiamenti per il 3-1 siglato dopo una grande prestazione contro Richard Gasquet. Una partita perfetta, tanta paura nei giorni prima, appena due prima, quando Gael Monfils lo aveva surclassato; eppure Roger andò in conferenza stampa sereno, dicendo di esser stato cauto e di avere avuto comunque dal campo le risposte che voleva: la schiena non fa male, va meglio continuando a giocare, a bloccarlo è stata la paura di farsi male ancora e il poco allenamento sulla terra. E un avversario in una giornata perfetta.

Dopo il dropshot vincente di rovescio, Federer, come sempre quando l’emozione è più forte di lui, cade sulle proprie ginocchia e si lascia andare a terra: l’amico di sempre, il capitano svizzero (l’unico nella storia elvetica ad aver vinto la Coppa Davis) va a scuoterlo e Roger piange, abbraccia Severin Luthi, i compagni arrivano, la storia è compiuta.

Roger Federer per la prima volta gioca la Coppa Davis regolarmente e per la prima volta la vince. Anche contro i malanni fisici a ridosso che sono stati superati, fortunatamente per lui e per la Svizzera. Ma la Svizzera non sarebbe sul tetto del mondo adesso se a Gennaio uno scoppiettante e convinto Stan Wawrinka non avesse vinto gli Australian Open e durante una telefonata con Roger, felice per lui, non gli avesse strappato la promessa di provare a vincere la Davis nel 2014. Federer accetta, anche spinto da Luthi e vola in Serbia, dove, orfani di Djokovic, sono sorpresi di trovarselo davanti. Lì perfino Chiudinelli e Lammer giocarono in doppio chiudendo per la Svizzera i discorsi.

Il resto poi è storia: i problemi emotivi di Wawrinka contro il Kazakhstan, che si arrende e si fa rimontare ma crea il panico a Ginevra e il grazie di Stan a Roger, in quell’occasione. La facile semifinale contro l’Italia che consegna alla Svizzera l’occasione d’oro di vincere per la prima volta la Davis. E poi la grande paura, quando una settimana fa Federer si presenta davanti al pubblico delle World Tour Finals dispiaciuto perché ancora bloccato dalla schiena e impossibilitato a competere.

Fino a mercoledì non era certo che Federer riuscisse a giocare ma tra le cure del medico e del fisioterapista il 33enne svizzero è tornato ad una condizione accettabile. Il doppio, quel punto fondamentale: la lungimiranza e l’umlltà di Luthi che decide di “affittare” la scorsa settimana a Londra David McPherson, coach dei Bryan, anche oggi presente a Lille che ha allenato gli schemi poco oliati in doppio di Roger e Stan.

La Svizzera, insomma, non ha lasciato nulla al caso: due grandi campioni ma anche un affiatamento che chiunque abbia messo in discussione ha avuto torto. Per Federer a cui non si può più chiedere davvero nulla e per Wawrinka che non poteva avere una stagione migliore di questa, dimostrandosi anche il giocatore migliore di questa finale a Lille.

 

 

Rossana Capobianco

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