TENNIS – DALL’INVIATO A LONDRA FABRIZIO FIDECARO – Ormai certo della prima posizione Atp di fine anno, Novak Djokovic parla del suo cammino nel 2014 e si sofferma a lungo sul rapporto con Boris Becker dopo il successo su Berdych alle Atp World Tour Finals.
È un Novak Djokovic visibilmente soddisfatto quello che si presenta in conferenza stampa alla O2 Arena quasi due ore e mezza dopo la conclusione del match che ha sancito ufficialmente la sua leadership nel ranking Atp di fine anno. Il serbo tiene a ringraziare il suo staff per questo nuovo obiettivo centrato.
«È un momento di grande felicità», spiega Nole. «Si tratta di qualcosa per cui ho lavorato lungo l’intera stagione, per essere dove sono. Sono grato al mio team e a tutte le persone che mi sono vicine. Essere numero uno è una delle sfide più alte e difficili nello sport, specie di questi tempi, con il tennis che è diventato molto competitivo e fisico negli ultimi cinque o dieci anni. Per avere una possibilità di farcela devi essere in salute e vincente per tutto l’anno».
«Nadal e Federer sono così forti da tanti anni», continua Djokovic. «Vincono sempre almeno o due prove dello Slam, per questo devi essere consistente, perché loro lo sono con i loro risultati. So quanto è difficile, ecco perché sono così orgoglioso di questo traguardo».
Nole sottolinea poi l’apporto di Boris Becker, specie dal punto di vista mentale. «Ci sono stati alti e bassi, come in ogni relazione tra coach e giocatore, non può essere perfetta dall’inizio alla fine. Soprattutto nei primi mesi della stagione, ce ne sono voluti tre o quattro perché ci capissimo davvero a vicenda e il modo in cui lavorare, l’approccio al tennis e alla vita. È importante avere questa alchimia nel rapporto per trarre benefici sul campo, in allenamento e naturalmente nei match. Da Roma in poi ho sentito che ci siamo veramente capiti. Marian (Vajda, ndr), Boris e io ci siamo seduti e abbiamo analizzato che cosa dovevamo fare perché la relazione tra noi tre fosse di maggior successo possibile. Abbiamo deciso che fossero entrambi presenti a Roma e al Roland Garros, e questo ovviamente ha aiutato il mio rapporto con Boris».
«La maggiore influenza di Boris sul mio gioco, e su di me in generale, è la parte mentale», prosegue Nole. «L’abilità di reggere la pressione, comprendere le sfide, superare le difficoltà negli incontri duri, nei grandi tornei: è qualcosa che lui ha sviluppato nel corso degli anni con la sua esperienza, essendo stato numero uno e più volte vincitore di Slam. Lui capisce esattamente in che modo mi affaccio mentalmente ai match, la mia preparazione: è questa la parte più grande del suo contributo».
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