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Arnaud Clement, per gli amici Capitan Waterloo

TENNIS – Di Enzo Cherici

Forse non è un caso che Lille disti da Waterloo solo 115 chilometri. Nell’affatto ridente cittadina belga, quasi due secoli fa, un ben più illustre concittadino di Capitan Clement rimediò una sconfitta irrimediabile e passata alla storia. Centonovantanove anni dopo, lo scenario è sicuramente meno drammatico. Ma c’è da giurare che i francesi non dimenticheranno ugualmente tanto cacilmente questa disfatta.

Una premessa è doverosa. Ci sono tanti modi di fare il Capitano non giocatore, alcuni facili, altri meno. Prendete Severin Lüthi, il Capitano svizzero. Non ha certo avuto bisogno di vestire i panni del Duca di Wellinngton per operare le sue scelte e avere la meglio sui francesi. Lui due giocatori ha, non ha che da dirgli “andate in campo e fate il vostro dovere”. Se poi quei due giocatori si chiamano Federer e Wawrinka, rispettivamente numeri 2 e 4 del mondo, ancora meglio.

Sicuramente più difficile la vita per un Arnaud Clement. E questo va detto e gli va riconosciuto, senza se e senza ma. Lui ha una possibilità di scelta senz’altro più ampia, tante soluzioni. Ma proprio per questo non sempre è semplice prendere le decisioni più giuste.

In settembre, contro la Repubblica Ceca, non aveva sbagliato nulla ad esempio. Tutti si aspettavano in campo Monfils, dopo il grande Us Open disputato appena una settimana prima, ma lui diede fiducia a Gasquet ed ebbe ragione. In doppio schierò la coppia Tsonga/Gasquet contro gli spauracchi Berdych/Stepanek e ancora una volta la scelta si rivelò corretta. Insomma, in occasione della semifinale Clement non sbagliò una mossa e credo gli vada correttamente riconosciuto.

Non altrettanto si può dire delle sue scelte in occasione di questa finale. Premesso che la Francia doveva vedersela con una squadra formidabile, va anche detto che Clement ha fatto tutto, ma proprio tutto, per rendere la vita più complicata ai suoi. Vediamo come.

La scelta della superficie

Siccome non mi piace mai parlare col senno del poi, nell’articolo di presentazione di questa finale avevo già accennato al fatto di come, secondo me, la scelta della terra rossa non fosse una scelta azzeccata. Perché non solo non avrebbe abbassato il potenziale della squadra svizzera, ma avrebbe paradossalmente ridotto quello del team francese. Ed è quanto puntualmente avvenuto. In questo senso, va tenuto presente che la scelta è stata fatta in tempi non sospetti, all’indomani del successo con la Repubblica Ceca, quando ovviamente non si poteva sapere che Federer avrebbe avuto problemi alla schiena. Ho avuto diversi scambi di punti di vista con alcuni lettori sull’argomento in settimana. Molti hanno giustificato la scelta di Clement con la volontà dichiarata di depotenziare Federer. Come si stesse parlando di uno che sul rosso non ha mai combinato nulla. Vale allora la pena di ricordare che Federer non solo è uno dei più grandi giocatori di sempre, ma è anche uno dei più grandi specialisti proprio della terra rossa. Troppo spesso si dimentica che lo svizzero è capitato nell’epoca del più forte terraiolo di tutti i tempi, che risponde ovviamente al nome di Rafa Nadal. Possiamo aggiungere ancora il nome di Bjorn Borg. Poi facciamo fatica ad individuare giocatori più forti di Federer sul rosso. Ed i risultati sono lì a testimoniarlo. Cinque finali al Roland Garros, con una vittoria, e altre due semifinali. Per dire, ha fatto meglio di uno specialista assoluto come Guillermo Vilas. Qualcuno potrebbe dirmi che Lendl e Wilander hanno fatto meglio, ma quel qualcuno dimentica che questi due straordinari campioni hanno avuto la fortuna di non doversela vedere con un certo Borg, appena ritirato. Insomma, come Clement pensasse di mettere in difficoltà Federer con i giocatori a disposizione sul rosso, Dio solo lo sa. Avrebbe dovuto invece – sempre a mio avviso – puntare ai due punti contro Wawrinka e poi provare a vincere il doppio. E per far questo avrebbe dovuto affidarsi ad una superficie indoor rapidissima (tipo Parigi Bercy di qualche anno fa per capirci), dove Stan non si è mai espresso al massimo. E dove sarebbero invece aumentate esponenzialmente le possibilità di Tsonga (al netto dell’infortunio) e probabilmente anche dello stesso Monfils, che proprio nel 2011 battè Federer a Bercy nel corso d’un indimenticabile semifinale. Per non parlare di Simon, del quale parlerò tra poco.

Scegliendo la terra invece, Clement non ha fatto altro che togliere sicurezza ai propri giocatori, aumentando conseguentemente quella di Wawrinka. Risultato: senza l’infortunio di Federer con ogni probabilità la finale sarebbe finita dopo il doppio. Insomma, un disastro. Di cui, forse, oggi anche i meno critici verso Clement si rendono conto.

Convocazioni sbagliate

L’ho premesso già in precedenza, scegliere non è mai facile. Soprattutto quando, come nel caso di Clement, la scelta è abbastanza ampia e omogenea.

Resta però il fatto che alcune decisioni del Capitano francese continuano a risultare incomprensibili. Anche di questo avevo scritto in precedenza, quindi non corro il rischio di essere tacciato di “parlare dopo”. Io avrei convocato Tsonga, Monfils, Gasquet e Simon. Avrei insomma lasciato a casa Benneteau. E lo confermo anche dopo che Benneteau è stato il miglior francese in campo nel doppio di sabato. Clement ha dovuto rinunciare all’ultimo momento a Tsonga, infortunato al gomito. Ma la sua scelta era quella di confermare, giustamente secondo me, la coppia della semifinale, formata appunto da Tsonga e Gasquet. E allora a cosa serviva Benneteau? Avendo puntato su questo doppio, non sarebbe stato meglio lasciare a casa un doppista puro e coprirsi le spalle con Simon? Tra l’altro, durante la preparazione di Bordeaux, tutti i giornalisti francesi presenti sul posto erano concordi nel dire che Tsonga non fosse al top. Non si sapeva ancora di cosa si trattasse, la storia del gomito è emersa solo dopo il doppio, ma era chiaro che Jo non sentisse la palla. E allora perché schierarlo venerdì contro Wawrinka? Certo, il Gasquet “ammirato” in questo week end nulla avrebbe potuto contro quel diavolo di Stan. Ma allora eccoci che torniamo alle convocazioni sbagliate. Si poteva buttare dentro Simon e Monfils il primo giorno e poi tentare il tutto per tutto con Tsonga/Gasquet in doppio. In ogni caso Simon sarebbe stato un osso più duro per Federer del Gasquet inesistente di questa finale.

Una mozzarella in panchina

Vivendo in Mali, ho seguito la finale attraverso Canal Plus, il canale satellitare francese. Ebbene, tutti ma proprio tutti, giornalisti ed ex campioni transalpini, rimproveravano a Clement non solo le scelte sbagliate, ma anche un atteggiamento fin troppo passivo, remissivo, in panchina. Durante il doppio, ad esempio, non è stato minimamente capace di scuotere, ma neanche provarci, Gasquet. Tanto è vero che il Capitano Giocatore sembrava essere Benneteau!

Anche nel corso del match decisivo, non si è mai avuta l’impressione che dalla panchina potesse arrivare un aiuto tattico o anche solo morale, per tentare di ribellarsi a un destino inevitabile. Ho sentito in tal senso dichiarazioni di Leconte e Boutter, entrambi molto critici nei confronti del selezionatore francese. Tutti, in questo senso, rimpiangevano la carica dello Yannich Noah di Lione 91, che con il suo carisma trascinò letteralmente Leconte e Forget all’impresa contro gli USA di Sampras e Agassi. Cose da grandi capitani, non da Capitan Waterloo.

 

Redazione

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