TENNIS – SOFIA. Di Samuele Delpozzi –
Si complica il cammino di Flavia Pennetta al Tournament of Champions di Sofia: dopo l’agevole vittoria su Alizé Cornet, la brindisina viene schiantata alla distanza (06 61 61) da una Garbine Muguruza ormai quasi certa semifinalista.
Ma andiamo con ordine. Entrambe le protagoniste si presentavano imbattute al match odierno, forti di appena 3 game concessi alle rispettive avversarie: in palio dunque, oltre al primato solitario nel gruppo “Serdika”, anche una buona fetta di qualificazione alle semifinali di sabato. Il primo set si decide di fatto nelle battute iniziali, quando Flavia sopravvive ad un break point in apertura per poi strappare il servizio alla ispanovenezuelana al termine di un game interminabile. Non bastano alla Muguruza ben tre ace, controbilanciati da due doppi errori, mentre sull’ennesimo vantaggio esterno viene tradita dal diritto. Le occasioni mancate si ripercuotono immediatamente sul rendimento dell’iberica, tragicamente imprecisa da fondocampo fino al clamoroso 60 intascato dalla Pennetta. Gli errori arrivano soprattutto in lunghezza, propiziati dall’intelligente diritto giocato dall’azzurra – una palla arrotata e senza peso su cui Garbine fatica ad imporre la piattezza dei suoi fondamentali.
La maggiore insidia di un set stradominato è rappresentata dal quasi fisiologico calo di concentrazione che ne consegue, che di fatto costerà il match alla brindisina. Anziché insistere a scambiare contro un’avversaria in piena confusione, Flavia la riammette in partita giocando un game disastroso – quattro errori gratuti uno sull’altro – in apertura di secondo set. Finalmente snebbiata, la Muguruza inizia a picchiare con convinzione sempre maggiore, ricordando a tutti perché al Roland Garros fosse riuscita a prendere a pallate persino Serena Williams: la prima di servizio inizia ad entrare con frequenza, le botte piatte, anziché smarrirsi sui teloni, mettono all’angolo la “Penna”, sempre più stanca ed arroccata in difesa. Mancata una palla game sullo 02, la pugliese riesce finalmente a tenere il servizio due giochi più tardi, annullando l’ennesimo break point ed evitando il controcappotto. Fallisce tuttavia nell’obiettivo di rifarsi sotto, sprecando con un dirittaccio in corridoio un’apertura per il 24: Garbine ringrazia e chiude il set ormai libera da ogni pressione, concedendosi anche il lusso di un ulteriore break da 400 sotto.
Date le premesse, non stupisce che il game d’apertura del terzo risulti decisivo, infarcito di errori ed opportunità da ambo le parti: alla fine è nuovamente l’iberica a spuntarla, sopravvivendo alla bellezza di 5 palle break – quasi tutte neutralizzate magistralmente, va detto. Flavia regala ancora un pizzico d’illusione con l’ultimo sussulto d’orgoglio, un turno di servizio recuperato da 1540 che le assicura la momentanea parità. La fatica è però ben visibile sul volto dell’azzurra, sempre più lenta negli spostamenti laterali, e con un diritto che ormai stenta a varcare la linea del servizio (nelle rare volte in cui trova il campo, peraltro). Alla nostra non fanno difetto le qualità da lottatrice, unico motivo per cui riesce a trascinare ai vantaggi gli ultimi quattro giochi dell’incontro, seppur costantemente in balia dell’iniziativa altrui. Un procrastinare l’inevitabile di cui entrambe sono consapevoli, nonostante la caparbietà pennettiana: la resa definitiva viene siglata da una risposta in corridoio, al sesto match point complessivo, dopo circa 2 ore di gioco. Sanguinosa per l’italiana la conversione sulle palle break, appena 3 su 13.
Un classico punteggio schizofrenico da circuito WTA, 06 61 61, con cui la Muguruza si assicura vittoria di tappa, primato nel girone ed una posizione quasi inattaccabile in ottica qualificazione. Nonostante la sconfitta, la situazione resta rosea anche per la Pennetta, domani opposta alla (teorica) favorita della vigilia tramutatasi in Cenerentola, quella Makarova ormai in disarmo e matematicamente eliminata dalla batosta odierna con la Cornet. La vera incognita per Flavia, più che il livello della concorrenza, resta la stanchezza di un’altra lunga stagione, all’alba delle 33 primavere.
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