TENNIS – Di Diego Barbiani
SINGAPORE. Dio perdona, Serena Williams no. La statunitense è stata eletta per la quinta volta “Maestra” al termine di una finale dirompente in cui ha cancellato Simona Halep e l’incubo della sconfitta inflittale dalla rumena qualche giorno fa nel Round Robin. 6-0 6-2 per la rumena allora, 6-3 6-0 per la n.1 del mondo in poco più di un’ora di gioco.
Ieri Serena Williams, nell’intervista post-gara, aveva dichiarato che le piacerebbe vedere realizzato un film sulla sua vita. Anzi, un musical a Broadway. Oggi potrebbe anche affermare di avere uno spunto per il titolo, ripreso proprio dal film del 1967 di Giuseppe Colizzi (“Dio perdona, io no”). Non sarà la Williams dirompente e dominante degli anni passati, ma quella scesa in campo oggi voleva solo una cosa: restituire la pesante lezione subita mercoledì scorso. Lo si è ricordato fin troppe volte: una sconfitta come quella non le capitava da sedici anni, in una giornata dove lei stessa alla fine ha ammesso di aver giocato come una under-10, come quei ragazzini che hanno appena imparato ad usare una racchetta di dimensioni normali ed abbandonato quella per bambini. Dopo quella giornata era metaforicamente in fin di vita e si è ricostruita pezzo dopo pezzo, entrando in campo contro Eugenie Bouchard con il solo obiettivo di raccogliere una vittoria più larga possibile e sperare in un regalo da parte della stessa rumena.
il Round Robin è fatto per lo spettacolo, con il pubblico che almeno per tre partite può ammirare le migliori giocatrici della stagione, ma permette anche ragionamenti contorti e pieni di malizia. In questi tempi pieni di accuse su partite truccate stona parlare in questo modo, ma la realtà dei fatti è che se la stessa Halep, contro Ana Ivanovic, avesse perso in due set (ed era già qualificata già all’ingresso in campo) avrebbe fatto fuori il suo più grande ostacolo rimasto, nello stesso giorno in cui Maria Sharapova e Petra Kvitova hanno detto addio al torneo. Sarebbe stata la grande favorita per la vittoria finale, eppure perso il primo set ha portato a casa il secondo, ha ridato speranza ad una giocatrice ormai sulla strada per l’aeroporto.
Ieri aveva cercato di caricarsi. “Ho una occasione per vincere”, diceva. Peccato che non aveva fatto i conti con la sete di vendetta di una Williams impaziente. Con l’occhio della tigre ed una carica agonistica impressionante, la statunitense ha preso il largo a metà del primo parziale e si è imposta di potenza e prepotenza. Dio perdona, Serena Williams no. Ricordate la finale di Wimbledon persa da Maria Sharapova? Era il 2004, la russa disse durante la premiazione: “Scusa, oggi dovevo vincere”. Da quel momento, ad eccezione solo della finale proprio del Master dello stesso anno, per lei sono stati dolori. Sempre. Diciassette volte di fila tra cui svariate finali compresa soprattutto quella per l’oro olimpico di Londra 2012. Il teatro era sempre il Centre Court di Wimbledon e Serena la distrusse con un 6-0 6-1 da record. Quella però era una delle sue versioni più belle e scintillanti, tirata a lucido per un appuntamento che non avrebbe mai mancato. Era così assetata di vittoria e di impartire una nuova lezione severa che sul match point (su youtube) nel momento stesso in cui ha colpito la pallina per l’ace conclusivo è partito anche un sonoro “come on!” a sottolineare la grandezza della sua vittoria.
Serena è così. Tenera e gentile con tante colleghe, spietata e letale con chi invece le ha fatto uno sgarbo pesante. Simona ancora è giovane, ha volato su una nuvola credendo di poter ripetere la grande impresa di qualche giorno fa. Ha peccato di ingenuità. La formula del Round Robin prevede anche “scorrettezze”, magari saprà farne uso in un secondo momento. Intanto sul trono c’è ancora una volta l’americana, al termine di una stagione tribolata come poche. E’ passata lungo mille peripezie tra infortuni, speculazioni, voci di divorzio, sconfitte impensabili e ripetute, difficoltà a raggiungere livelli spaziali per poi saperli mantenere. Eppure alla fine è lei ad alzare il trofeo che spetta alla regina del Master. A Brisbane, nel primo torneo importante della stagione, c’è la sua firma. A Singapore, nell’ultimo, pure. Alfa ed Omega. Inizio e fine. Serena Williams.
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