TENNIS – Di Diego Barbiani
SHANGHAI. Per mettere fine ad una dittatura come quella che Novak Djokovic esercitava in Cina dal 2010 ci voleva un Roger Federer tirato a lucido, quello delle giornate migliori e capace anche di soffrire quando doveva contrastare il ritorno di un serbo che ha tirato fuori gli artigli quando però era forse troppo tardi.
6-4 6-4 il punteggio finale che proietta lo svizzero alla quinta finale stagionale in un Master 1000 su otto disputati e prova a rilanciarsi anche per il discorso legato al n.1 del mondo a fine anno: dovesse battere domani Gilles Simon (che in precedenza aveva superato in due set Feliciano Lopez), andrebbe ad appena mille punti di distanza nella Race, la classifica che tiene conto dei risultati ottenuti nella singola stagione.
Per battere Djokovic Federer doveva giocare una partita pressoché perfetta. Attaccare alla minima opportunità, andare incontro anche all’errore ma variare, variare e variare al massimo tutte le scelte. E’ la quinta volta che si sono affrontati in questa stagione ed è stata questa la migliore prestazione che lo svizzero ha offerto contro il n.1 del mondo. Un tennis d’attacco che non ha mai avuto pause, un mettere pressione costante che ha indotto l’altro a giocare sempre peggio ed a commettere tanti errori per lui inusuali. E si sbracciava, e si lamentava, chiamava il pubblico per un supporto che alla fine non è bastato.
Il Federer di oggi è stato il migliore visto fin qui, talmente diverso rispetto a quello imballato e poco attento nella sfida d’esordio contro Leonardo Mayer che lascia un po’ tutti a bocca aperta. Aveva gli occhi della tigre ed un coraggio che avrebbe potuto anche essere definita una lucida follia. Scendere a rete così tante volte contro uno dei migliori giocatori in quanto a difesa ed a passante era una tattica giusta, forse l’unica che al momento poteva adottare per contrastare la bravura del suo avversario nel dirigere lo scambio lungo ed a punire con i colpi da fondo. Quello che si è visto, però, per oltre un’ora era un Federer che danzava in campo con la rapidità di un gatto. Si gettava a rete sapendo di poter andare incontro a dei traccianti fulminei, ma il più delle volte sono uscite delle volèe sontuose.
Luthi osservava dalla tribuna immobile, Becker si girava con sguardo allibito a commentare con il proprio team cosa stava avvenendo. Per più di un’ora Federer aveva gli occhi della tigre e ruggiva ad ogni punto preso. Era lui a guidare il gioco, ribaltare le azioni ed a decidere cosa fare del punto. Djokovic, sempre più in balia, non trovava via d’uscita ad una prestazione insolita per un giocatore molto pulito come lui. Doveva trovare una reazione ma neppure l’aver salvato quattro palle break sotto 1-3 nel terzo lo ha riportato su. In quel game ha avuto grandi meriti come un passante “alla Djokovic” giocato solo di polso con il rovescio bloccato a morire nell’angolo esterno più acuto che era possibile trovare.
Federer poteva pagare soprattutto perché dopo quel turno di battuta c’è stato un cambio campo che è servito al serbo per rifiatare, allo svizzero a cercare di lasciarsi il più possibile tutto alle spalle. Eppure, ritornati in campo, Federer è stato sotto 0-30. E’ mancata la prima, ma si è inventato una magia dal nulla che lo ha rilanciato avanti.
Sul 4-3 sembrava un nuovo game comodo per lo svizzero ma prima una mezza riga di Djokovic e poi una delle rare volèe giocate male lo ha costretto agli straordinari. E’ stato il suo game di battuta più lungo, dove solo all’ottava occasione ha trovato il punto che gli ha consolidato il vantaggio. Djokovic aveva trovato alcune risposte pazzesche, già viste e riviste in altre occasioni ma che stupiscono sempre per atletismo e reattività. La situazione era in grande equilibrio e Federer, così vicino allo striscione d’arrivo, stava affrontando la salita più ripida.
Nel momento di massimo sforzo del serbo è arrivata però l’ennesima magia dello svizzero, un dritto in controbalzo dal centro del campo che ha lambito la linea sul quale Djokovic ha urlato di tutto e Becker strabuzzava gli occhi. Il servizio vincente che ne è seguito ha invece fatto urlare lo svizzero, che vedendo la pallina sorvolare la sua testa e terminare a poco dai teloni ha scaricato tutta pressione di un game apparentemente innocuo in cui era 40-0 ma che gli ha richiesto uno sforzo super.
Dopo due match point annullati alla grande, il n.1 del mondo ha abdicato dal trono cinese nel decimo game quando dal 15-30 Federer ha nuovamente elevato il suo gioco concludendo tra l’ovazione del pubblico di Shanghai che desidera fortemente vederlo sollevare uno dei pochi trofei che ancora mancano alla sua sconfinata bacheca.
Gli servirà però uno sforzo extra, perché il Simon visto durante tutta la settimana è un giocatore totalmente diverso rispetto a quello degli ultimi anni. Tornato su livelli molto alti, potrebbe dare tanto fastidio al suo rivale proprio come fece nei loro primi incontri. Delle due vittorie ottenute dal francese, una avvenne proprio in terra cinese quando allora però si giocava la Master Cup. Era il 2008, l’inizio del suo periodo d’oro. Nel 2011 invece giocò cinque set strepitosi in Australia ed una volta sconfitto si sentì comunque dire da Federer: “Spero proprio di non giocare più contro di lui”. Ed invece, domani, se vorrà mettere le mani sul trofeo dovrà passare proprio sul francese.
RISULTATI ODIERNI:
(3) Federer b. (1) Djokovic 6-4 6-4
Simon b. Lopez 6-2 7-6(1)
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