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US Open: Djokovic prosciuga Murray, è l'ottava semifinale di fila a New York

TENNIS – US OPEN – DI SALVATORE DE SIMONE – Novak Djokovic batte 76(1) 67(1) 62 64 Andy Murray al termine di un match dai due volti: nei primi due set e mezzo è stata una battaglia di straordinaria intensità, con picchi di qualità eccelsi, poi però il crollo fisico di Murray ha dato vita a una seconda parte di partita molto meno spettacolare. Raggiunto il record di Federer e Lendl di 8 semifinali consecutive agli US Open (5 e 3 titoli per i due però, contro sinora uno solo del serbo. E Connors è ancora lontano, con 12 semi di fila).

Novak Djokovic e Andy Murray, essendo coetanei, hanno iniziato più o meno nello stesso periodo a giocare da ragazzini prima e a competere nel circuito professionistico poi. La loro rivalità ha sempre sofferto del confronto con quella tra Federer e Nadal: i dieci anni passati dalla prima sfida,  la differenza di stili tra lo svizzero e l’iberico molto più spiccata rispetto a quella tra il serbo e lo scozzese, il maggior numero di partite memorabili tra Roger e Rafa (soprattutto se prendiamo in considerazione gli Slam); tutto questo ha contribuito a rendere le sfide tra Djokovic e Murray meno prestigiose e quasi di secondo piano rispetto a quelle dei divi Federer e Nadal. Persino il doversi affrontare nei quarti a New York, dovuto al non eccelso rendimento di Murray in questi ultimi mesi, è sembrato un brutto scherzo giocato dalla sorte, come se anche il destino avesse voluto ribadire ai due che, per quanto bravi e celebri, a loro manca comunque qualcosa per poter essere considerati allo stesso livello dello spagnolo e dell’elvetico.

Alla vigilia degli Us Open su entrambi c’erano molti dubbi, dato che nei Masters 1000 di Toronto e Cincinnati avevano tutt’altro che esaltato. Djokovic sembrava pensare al matrimonio appena celebrato e al figlio in arrivo piuttosto che al tennis; Murray appariva in confusione, non risolta nemmeno dalla nuova collaborazione con Amelie Mauresmo. A questo ennesimo capitolo della loro rivalità il serbo arrivava comunque da favorito, dato che nei turni precedenti aveva disintegrato i malcapitati avversari trovati di fronte, mentre il britannico aveva tribolato nei primi match, anche se nell’ottavo di finale contro Tsonga sembrava in ripresa.

L’ultima sfida tra i due a New York era stata la lunghissima finale del 2012 vinta dallo scozzese e alcuni avevano giustamente osservato che questa partita aveva uno status da ultimo atto. E per almeno due set e mezzo il match appena concluso sull’Arthur Ashe Stadium è stato davvero da finale. Infatti Murray sin dall’inizio ha fatto intendere di non voler recitare la parte dell’agnello sacrificale, nonostante il periodo non positivo che sta attraversando ultimamente, e ha strappato subito la battuta a Djokovic, il quale però ha prontamente recuperato, facendo intendere a sua volta che non avrebbe mollato di un centimetro.

Per più di due ore si è assistito a un gran bel match, in cui gli sfidanti hanno sciorinato tutto il loro repertorio e mostrato la solita battaglia con cui hanno spesso abituato gli spettatori: rincorse, scambi estenuanti, botte da orbi, recuperi disumani, vincenti da angoli impensabili. Certo, ci sono stati anche un po’ di erroracci non provocati ma tutto sommato il numero di quest’ultimi è stato abbastanza inferiore ai colpi vincenti. I primi due parziali sono stati contrassegnati da break e controbreak; Murray e Djokovic sono i migliori nella risposta e siccome alla battuta entrambi non sono Sampras e Ivanisevic non appare strano che siano stati due tie-break a decidere le sorti, uno per parte, anche se Djokovic ha da recriminare il fatto di essersi fatto strappare il servizio al momento di servire per il secondo set.

Ma Djokovic in questo periodo ha decisamente una marcia in più rispetto al pur generoso e combattivo Murray. Infatti nel terzo parziale il serbo ha alzato il livello del proprio tennis e dopo aver strappato la battuta dell’avversario a inizio terzo set non ha più concesso nulla. Lo scozzese ha iniziato a venir meno fisicamente e Djokovic non ha esitato ad approfittarne; incamerato facilmente il terzo parziale, nel quarto si è limitato a tenere a bada il britannico sul proprio turno di battuta e al decimo game gli errori di uno stanco Murray gli hanno consegnato set e match.

“E’ sulla strada giusta”, ha dichiarato la Mauresmo riguardo al suo pupillo Andy; e Murray stasera non ha sfigurato davanti a un avversario fortissimo e in palla. Vedremo nel resto della stagione se lo scozzese ha preso davvero il sentiero adatto per farlo ritornare ai vertici della classifica, che in fondo è il posto che gli spetta.

Djokovic per larghi tratti del match è parso nervoso (non c’è stato quasi un game in cui non si è rivolto verso il proprio box con lamenti e mugugni), ma nei momenti decisivi ha saputo alzare il livello del suo gioco e ha dimostrato comunque che sarà molto difficile fermarlo verso la conquista del trofeo. Lo ha detto, lui ama giocare a New York; e d’altronde l’ottava semifinale di fila nello slam americano (raggiunti Federer e Lendl, ancora molto lontano Jimmy Connors, almeno in semi nello Slam di casa dal 1974 al 1985) sta lì a testimoniarlo.

Salvatore De Simone

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