TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Tanti ex campioni sono oggi grandi allenatori: lo scetticismo che aleggiava attorno alle scelte di molti tennisti è ormai sorpassato; l’ultima scoperta, probabilmente la più inaspettata, è Goran Ivanisevic. Iniziò con Lendl e tutti, da Edberg a Chang hanno dato un contributo importante alle carriere degli attuali tennisti.
L’espressione di Goran, inquadrato milioni di volte sugli spalti su ogni punto importante vinto dal suo pupillo sul campo, in semifinale e in finale, ha fatto sorridere tutti.
Ci si è ricordati dell’emozione di quel Wimbledon, del sogno di quel giocatore così emotivo e devastante che alla fine riuscì a coronare il proprio sogno. Ivanisevic, 2001. Ivanisevic che aveva aspettato una vita e che mai si era arreso.
Quello che non lottava solo contro il suo avversario ma anche e soprattutto contro se stesso sul campo. Con le proprie bizze, con la difficoltà ad accettare gli errori, con la difficoltà a mantenere l’equilibrio necessario che porta alla vittoria.
Goran oggi allena Cilic, da un anno preciso e dopo un anno Marin Cilic, che proprio un anno fa viveva l’inferno di una squalifica per doping dopo una sciocchezza mal gestita, vince gli US Open. Inaspettato? Di più.
Ma ancora più inaspettato è forse il modo in cui l’ex campione croato è riuscito a trasformare sul campo un giocatore dal sicuro potenziale ma spesso in balia di dubbi e soprattutto senza troppa convinzione di sé, apparentemente privo di grinta, di mordente. Goran che si trasforma e diventa motivatore ma soprattutto porta gioia a Cilic: «Quello che più di ogni altra cosa Ivanisevic ha portato nel mio team è l’assoluta gioia di stare in campo e divertirmi, rilassarmi, non mettermi pressione».
Il paradosso di chi lascia il tennis da testa calda e mette la testa a posto per allenare. Lo diceva anni fa, Ivanisevic: «Datemi Cilic e in poco tempo lo porterò molto in alto». In pochi credevano a un proclama del genere. Il solito Goran, il solito esagerato. Invece no.
Tuttavia non è solo la convinzione che ha portato Marin a vincere (o meglio dire a stravincere) gli US Open, sono anche e soprattutto i miglioramenti tecnici: il servizio, un’arma da sempre affidabile ma mai davvero perno di efficacia e punti gratuiti. Il dritto, con un’impugnatura leggermente diversa. La mobilità, resa possibile soprattutto grazie ad un’evidente aggiunta di massa muscolare nel corso di quest’anno. Tutto ha gradualmente contribuito all’esplosione di un giocatore che è parso, a tratti, il miglior Safin, passando per il miglior Del Potro, arrivando a se stesso.
La scoperta di Ivanisevic è l’ultima in ordine cronologico, però. Tutto è cominciato con Ivan Lendl, ex campionissimo che rivolta come un calzino un lamentoso e attendista Andy Murray e ne fa un campione vero, capace di vincere US Open, Wimbledon e medaglia olimpica, lasciandolo poi in un limbo di dubbi ed incertezze dopo una delicata operazione alla schiena.
E ancora Boris Becker, sicuramente quello più discusso, meno “affidabile” sulla carta ma a cui Djokovic ha praticamente dedicato la sua seconda vittoria a Wimbledon. Stefan Edberg, a cui Federer si è affidato e che venera tanto da tornare protagonista nel 2014 insieme a lui, andando vicino a grandi vittorie e mantenendo una solidità invidiabile per un 33enne per quasi tutta la stagione, fin qui. Micheal Chang, che ha preso Nishikori sotto la propria ala e l’ha portato in top ten e in finale a New York.
i grandi campioni hanno dimostrato di essere delle risorse fondamentali e non solo nomi da esibire: lo scetticismo attorno a queste scelte può dirsi definitivamente accantonato. E il prossimo chi sarà?
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