di Elisa Piva – TENNIS. Standing ovation ad ogni sua vittoria. Orde di fan che lo inseguono e lo accerchiano quando passeggia per un circolo e alla fine di un allenamento. Roger Federer, ovunque vada, riceve un calore ed un affetto dal pubblico senza eguali.
E se abbiamo ormai appurato che la famosa disputa del “più grande di sempre” non può aver risposta, forse la frase che segue potrà non apparire così strampalata: Roger Federer è il tennista più tifato di sempre.
Lo dicono gli applausi scroscianti che gli spettatori gli tributano ogni volta che scende in campo. E quando dall’altra parte della rete c’è un giocatore di casa, normalmente supportato con tifo di parte e a volte oltremodo chiassoso, il pubblico applaude il proprio tennista ma con rispetto e garbo, quasi un po’ trattenuto per l’ammirazione che nutre nei confronti di Federer.
Lo testimoniano anche gli attestati di stima dei colleghi, come l’ultima dichiarazione di Monfils (“Potrò dire ai miei figli che ho affrontato Roger Federer”).
Roger è venerato a Wimbledon, a New York, a Melbourne, dove ha trionfato più volte. Ma è anche e soprattutto amato a Parigi, dove ha vinto solo una volta. Lo volevano campione, i parigini, ed hanno fatto di tutto nelle sfide contro Nadal per supportarlo: come quel coro “Roger, Roger” nella finale del 2007, quando si pensava che potesse sconfiggere il più forte di tutti sulla terra.
Lo stesso coro si è poi levato dagli spalti quest’anno a Roma contro Chardy, quando il pubblico romano temeva – come poi è accaduto – di doversi privare troppo presto del campione svizzero.
Sarà forse perché l’elvetico, nonostante la popolarità e la leggenda vivente che rappresenta, mostra sempre disponibilità a tutti. Ogni volta rilascia interviste in tre lingue a giornali, tv e radio. E’ quello che si ferma più a lungo al termine di un match a firmare autografi.
Certo, nemmeno Rafa Nadal e Nole Dojokovic, campionissimi di questo tempo, si sottraggono. Entrambi sono applauditi e tifati in tutto il mondo. Ma nessuno dei due è ancora riuscito a costruirsi quell’aura da quasi divinità che aleggia interno a Roger. E’ capitato, a volte, forse per atteggiamenti più plateali, che il serbo ricevesse qualche fischio. A Federer no, mai da quando è Federer: gli applausi hanno sempre accompagnato la sua uscita dal campo anche dopo una brutta sconfitta.
Ma non si può piacere a tutti. E anche Federer, come tutti, ha i suoi detrattori. A differenza però delle solite critiche che si possono muovere ad un tennista – ovvero sullo stile di gioco, sul modo di portare i colpi – l’elvetico non viene criticato per il suo tennis, a detta di tutti da manuale. A lui si imputa di essere troppo perfettino, politicamente corretto, di non lasciar trasparire emozioni, di essere poco umile, di aver tiranneggiato per quasi un lustro ed aver ‘ucciso’ la competizione.
Negli ultimi anni però qualcuno si è ricreduto: forse perché Roger non domina più in lungo e in largo come un tempo, ma nonostante tutto è rimasto tra i top player mettendo in campo ancor più abnegazione, più spirito di sacrificio di quando stravinceva, più cuore. A 33 anni ha saputo riadattare il suo tennis, ed è ancora capace di offrire prestazioni come quella di stanotte contro Monfils. E il mondo del tennis, ancora una volta, ancora di più, lo ringrazia e lo applaude. Oggi più di allora.
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