TENNIS – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Oggi Federer compie trentatré anni: nel corso della sua vita, fatta quasi esclusivamente di tennis, Roger ha saputo trasformarsi e trasformare; attraverso parole e aneddoti di chi lo conosce bene, per una volta guardiamo all’uomo e non al campione.
“Non posso credere di essere così vecchio. Mi sento un ventiquattrenne”.
Qualunque commento si voglia fare sui trentatré anni di Roger Federer, non si può non considerare la freschezza che lo svizzero sente dentro di sé, nel proprio corpo e nella propria mente. A proposito di testa, spesso gli anni appaiono anche di meno; Roger è un burlone, uno che ama scherzare e ridere continuamente, perché, come ama spesso dire, “I’m a happy man”. E ci mancherebbe pure.
Federer però non è sempre stato così: da ragazzino era un musone e da adolescente pure di più. Quando ha realizzato il proprio sogno tennistico, “giocare un tennis perfetto ed essere numero uno” (come scrisse in un tema a 9 anni di età, a proposito di ambizioni), la sua vita è cambiata.
Inevitabilmente per via della fama e degli impegni, per la famiglia e per l’esperienza ma soprattutto, Roger ha acquisito mille consapevolezze, se è possibile pluralizzarle.
Come Nicola Arzani, uno dei dirigenti ATP, ce lo spiega meglio:
«Sono stato fortunato di aver potuto seguirlo fin dagli inizi; quando ha vinto Wimbledon e quanto abbia significato questo per lui, posso dirlo, testimoniarlo. E’ cambiato nel corso degli anni ed è solo migliorato: è più maturo, ha compreso il proprio ruolo. Non ha mai tagliato gli impegni, anzi si è reso più disponibile con i media. A lui però piace fare qualcosa di diverso, da un angolo diverso, essere sfidato su argomenti anche diverso dal tennis, ama il fatto che però il tennis possa avere un grande impatto in molti paesi».
Il ragazzino spacca-racchette che si tingeva i capelli di biondo, per la disperazione dei genitori, non c’è più. Roger conserva quel lato del proprio carattere al massimo per il campo, per le distrazioni e le genialate.
Peter Haas , padre di Tommy, Federer lo conosce bene:
«Il primo ricordo che ho di Roger è piuttosto divertente. Risale a 12 o 13 anni fa a Miami, South Beach. Camminavo sul lungomare e a quei tempi anche Tommy portava il codino e da dietro mi parve di vederlo e lo chiamai: “Tommy, Tommy!”. Nessuno si girò e pensai che fosse diventato sordo. E invece era Roger con il suo allenatore di allora, Peter Lundgren!
Lo conosco comunque tramite Tommy. Sono molto in confidenza con Mirka, la conosco da dieci anni prima che lei incontrasse Roger a Sidney. Conosco molti atleti e molti sportivi ma così cordiali e amichevoli come Roger, così aperti non ne ho mai incontrati. Zero arroganza. Quando ci penso ancora ho la pelle d’oca, perché anche solo pensare che Roger esista, che esista una persona così è incredibile. In altre parole è umile. E non ha certo bisogno di esserlo».
Tursunov, invece, dall’alto della sua sempiterna ironia, ce ne parla come di un essere inviolabile:
«Non è certo il tipo che scoreggia in pubblico (ride). E col passare del tempo quindi tu ti costruisci l’idea che Roger non scoreggi mai. Quindi questo in sé credo sia un aneddoto. Credo non debba nemmeno mai farsi una doccia dopo una partita. Non puzza. Odora di vaniglia (ride). »
James Blake è sempre stato uno dei giocatori più vicini a Roger nel circuito:
«Ho tanti ricordi di Roger ma quello a me più caro risale al giorno in cui mi ruppi il collo a Roma in allenamento e andai in ospedale, rimasi lì due giorni. Il direttore del torneo venne a trovarmi e mi portò un messaggio, era proprio di Roger. Gli altri giocatori si fecero sentire quando tornai in America e tutto ma quell’unico messaggio era il suo: “Spero ti rimetta presto, sono così dispiaciuto James…”. Sì, questo è Roger Federer».
Il Federer giocatore lo conosciamo tutti: anche a 33 anni è ancora numero 3 del mondo ed ha appena giocato (e mancato di poco a vincere) una finale di Wimbledon con il numero 1 del mondo; basta per definire la grandezza di un fenomeno longevo che ha attraversato generazioni ed ha mostrato un amore per questo sport senza pari. Per questo e per tutto quello che ancora verrà, tanti auguri “nonno” Roger, gli anni, nel tuo caso, sono davvero solo dei numeri.
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