TENNIS – Di Diego Barbiani
TORONTO. Un Roger Federer di un anno più vecchio ma che dimostra di rimanere sempre lo stesso. Un Federer che perde il pelo (forse) ma non il vizio. Quale? Quello di ottenere il break dopo tante opportunità mancate. Marin Cilic è rimasto in partita per quasi due ore e tre quarti prima di perdere 7-6(4) 6-7(3) 6-4. Per lo svizzero, ora, ci sarà David Ferrer.
C’è voluta la decima palla berak per dare la sterzata definitiva ad un match che si era fatto molto difficile. Vinto il primo set, Federer nel secondo ha avuto il controllo delle operazioni ma ha mancato sei match point, tra cui una comoda volèe affossata in rete, in un unico (drammatico) game del secondo set.
«Ehm… Sul primo ho pensato che sarebbe stato bello finirla subito, sul secondo che avrei potuto chiuderla qui, dal terzo in avanti ho pensato solo a ributtarla in campo» è la sincera ammissione del n.3 del mondo al termine della partita, una sfida che ha ricordato tanto quella contro Mardy Fish nella finale di Cincinnati 2011 quando l’unico break dell’incontro è arrivato proprio sul 4-4 al terzo set. Qui però con qualche colpa in più del croato, che si è sciolto da 40-0 e si è fatto strappare la battuta.
Perso il secondo set al tie-break le carte si erano totalmente rimescolate. Quelle sei palle per chiudere il match erano lì, pesanti come un macigno. Il croato, abbastanza miracolato, aveva ripreso coraggio ed i valori in campo si erano molto livellati. Poteva accadere di tutto, Cilic aveva anche avuto la palla per il 2-0 ad inizio del set, fino all’epilogo forse scontato della vittoria di Federer, ma ottenuto sudando le proverbiali sette camice.
Buttare al vento palle break su palle break è stata un po’ la costante che lo ha accompagnato nella sua carriera. Molte volte le statistiche mostravano numeri come l’1/10 odierno. Questa è una delle sue caratteristiche, senza probabilmente non sarebbe il Federer che conosciamo, forse non sarebbe il giocatore così apprezzato da appassionati e colleghi. Avrebbe magari altri difetti, o forse no. Forse sarebbe proprio l’essere perfetto, un giocatore costruito in laboratorio, senz’anima e senza poesia, programmato per vincere tutto. Roger invece è così, dietro quei movimenti e quei colpi da lasciare senza parole c’è una persona in carne ed ossa con i suoi pregi ed i suoi difetti, ed i suoi tifosi gli vogliono bene anche per questo.
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