TENNIS – WIMBLEDON – DAL NOSTRO INVIATO A LONDRA, LUIGI ANSALONI – Roger Federer approda in semifinale nel tabellone maschile del torneo di Wimbledon, a Londra. Lo svizzero, testa di serie numero quattro, ha battuto la testa di serie numero 3, Stanislas Wawrinka, con il punteggio di 3-6 7-6 6-4 6-4. Il sette volte vincitoe di Wimbledon ora in semifinale avrà Milos Raonic, vittorioso in 4 set sull’australiano Nick Kyrgios.
Alla fine della fiera William e Kate, contenti e soddisfatti solo a metà, vista la sconfitta del britannico Murray, si alzano in piedi e applaudono quello che da queste parti è, qualsiasi cosa si dica, è sempre e comunque il Re. Adesso i principi possono tornare ad accudire George, il Royal Baby, e a organizzare la festa di compleanno per i primi dodici mesi del bambino più amato d’Inghilterra. Noi comuni mortali, più pacatamente, ci godiamo la semifinale numero nove a Wimbledon di Roger Federer e a raccontare la sua storia, che si intreccia con tantissime e capziosissime altri racconti di questa edizione del 2014 dei Championships. Al netto del tifo, della simpatia personale e dell’obiettività, che quando si racconta un qualcosa è sempre più o meno presente, la speranza di tutti, qui tra i verdi campi, è di raccontare il ritorno di questo svizzerotto, papà di due coppie di gemelli, che dodici mesi fa sembrava sull’orlo del ritiro, con vergogna e ignominia. Un anno dopo ce lo ritroviamo tra i primi quattro del Reame. E ce lo ritroviamo dopo una partita strana, tirata, molto molto tesa, contro l’altro svizzero, Stanislas Wawrinka. Avevamo aperto l’anno con il passaggio di consegne, con Stan the Man che vince l’Australian Open e diventa il numero uno tra i quattro cantoni. Poi c’era stato Montecarlo, e Stas che confermava la sua superiorità nazionale sull’ex dominatore. Alla resa dei conti, a Wimbledon, nel torneo dei tornei, Federer è tornato Federer e Wawrinka è tornato per un giorno Wawrinka. Quello che contro il suo più celebre connazionale non vinceva mai, se non in casi eccezionali. Almeno, Stan è tornato Stan dopo il secondo set. Nel primo, Wawrinka è stato Stan The Man, il numero tre del mondo che ha fatto impazzire tutti, ma proprio tutti, in Australia. Tirava qualsiasi cosa, dritto e rovescio, senza alcuna paura. Merito solo suo? No, anche di Federer, che era bloccato nemmeno fosse una mummia. Troppo passivo, troppo remissivo. Poi, nel tie break del secondo, si è accesa la luce. E le parti si sono invertite. Almeno, per un giorno.
Adesso, soprattutto dopo l’uscita di Murray, Federer sa che questo 2014 è l’anno zero. Per centrare il suo diciottesimo slam e ottavo Wimbledon, è una questione da “ora o mai più”. Chiunque sia il suo avversario in semifinale ed eventualmente in finale, contro di lui partirà alla pari, se non sfavorito. Pressione, certo, a cui lo svizzero è abituato, ci mancherebbe. Ma questa volta si tratta di un tipo di pressione diversa, una pressione che forse lo svizzero non ha mai vissuto. Federer sa perfettamente che il tempo passa e che ormai le occasioni per tornare Re sono quelle che sono. Adesso è in semifinale e manca poco, davvero poco, per il trionfo. Non si tratta più di classifica, del futuro, di tornare numero uno del mondo o di tutte queste cose. Si tratta qui, ora, subito. Roger deve lottare e deve combattere come se non avesse un domani, come se non ci fosse null’altro che il 6 luglio. E questo forse, inconsciamente, gli costa una fatica doppia. La fatica di tornare Re oggi sapendo di dover abdicare domani. Non è facile gustarsi tutto questo sapendo che forse, probabilmente, quasi sicuramente, tutto questo tra poco, pochissimo tempo non ci sarà più. Attualmente il tifo per Federer è sì rivolto al suo leggendario e unico passato, ma è anche di nostalgia. Ogni applauso, ogni colpo è un ultimo addio, un ultimo bacio d’amore che si è consumato. Non troppo in fretta, ma con il tempo giusto. Ma un grande amore, si sa, non è mai facile da lasciar andare via.
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