TENNIS – di FABRIZIO FIDECARO
Nel 2007 un Fabio Fognini appena ventenne espresse il suo talento nel torneo Atp di Kitzbühel, palesando al contempo i pregi e i difetti che ancora lo caratterizzano a distanza di sette stagioni esatte…
«Fra cinque anni staremo ancora qui a chiederci quando Mario maturerà». Parole profetiche di Josè Mourinho, datate 2009, riferite ovviamente a Balotelli, croce e delizia del calcio nostrano. Discorso simile può essere fatto per Fabio Fognini nel tennis, e non a caso negli ultimi tempi il ligure viene spesso paragonato al suo omologo pallonaro per i comportamenti a dir poco sopra le righe. Il numero uno azzurro ormai ha ventisette anni e, proprio come SuperMario, non sembra aver fatto tesoro più di tanto dell’esperienza accumulata.
In questi giorni sta disputandosi il torneo Atp di Kitzbühel, dove nel 2007, a vent’anni, Fabio passò le qualificazioni e due turni nel main draw, arrendendosi solo al terzo round, in due set combattuti, ad Andreas Seppi. Fra l’altro, il bolzanino, a sua volta, cedette di misura nei quarti in un nuovo derby contro Potito Starace, che arrivò in finale, dove fu sconfitto da Juan Monaco (Poto si consolò con il titolo nel doppio). Ma torniamo a Fognini. In quel torneo il giovane Fabio evidenziò già i pregi e i difetti che lo avrebbero accompagnato nelle stagioni seguenti. Riporto qui sotto un estratto di un mio articolo dell’epoca, pubblicato su Matchpoint Tennis Magazine n. 12/2007.
“Capitolo Fognini. Il ragazzo ha talento e quel coraggio che tende a sfociare nella presunzione tipico di una mentalità vincente. Non si spiegherebbe, altrimenti, la rimonta da 2-5 nel terzo contro Werner Eschauer, con tanto di matchpoint annullato. E annullato in che modo: prendendo l’iniziativa fin dalla risposta, scivolando a rete alla prima occasione e chiudendo con una stop volley di rovescio che era temerario anche solo immaginare. Tutto questo nella bolgia di un centrale che appoggiava rumorosamente l’atleta di casa: una situazione difficile affrontata con personalità, esaltandosi ancor più per il tifo contrario.
Evidentemente, il clima da corrida lo elettrizza, altro che intimorirlo. Certo, contro Seppi è emerso l’altro lato della medaglia ed è stato Fabio a perdersi dietro a qualche nervosismo di troppo nei momenti decisivi, ma il furore agonistico, se ben incanalato, è di quelli che lasciano ben sperare per l’avvenire”.
Insomma, allora la tendenza era guardare principalmente al talento, dare fiducia a Fabio e cercare di comprenderne gli atteggiamenti, vedendo in essi l’espressione di un carattere grintoso e, casomai, adducendo la sua verde età come giustificazione di certi eccessi. Nel frattempo, però, il ragazzo è diventato uomo e non è possibile continuare a trovargli scusanti all’infinito, come se dal pezzo citato qui sopra non fossero trascorsi sette anni esatti. Troppo spesso il “furore agonistico” non è stato “ben incanalato”, facendogli perdere tanti match e la stima di qualche appassionato.
A ogni modo, la speranza è che, dopo il recente – e assai pesante – epiteto rivolto ad Amburgo all’avversario serbo Filip Krajinovic, Fabio analizzi con calma e sincerità i motivi che lo spingono a essere protagonista di episodi del genere e si impegni con se stesso, una volta per tutte, a evitare di ripeterli. Farebbe bene a lui per primo, e magari anche i suoi risultati, ultimamente un po’ troppo altalenanti, ne trarrebbero giovamento. In fondo, come insegnava il maestro Manzi, non è mai troppo tardi.
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