TENNIS – Di ROSSANA CAPOBIANCO – La terra rossa ci ha confermato due assoluti protagonisti del tennis maschile, ma l’erba rimane ancora la superficie meno pronosticabile. Questa corta stagione che vedrà il suo culmine a Wimbledon ci riserverà qualche sorpresa? Gli ultimi anni dicono sì.
Il giorno dopo il Roland Garros vedi verde. Un verde abbagliante ti investe quando distrattamente nello zapping di tardo pomeriggio capiti sul Queen’s o sul Centrale di Halle. Con ancora negli occhi la terra rossa e le battaglie e le corse e la fatica di scambi immondi, ti rilassi. Gli scambi sono brevi (non brevi come una volta, ma più brevi) e risulta interessante anche uno sconosciuto vestito di bianco che si muove su quel prato ancora intatto. Non vorresti che lo calpestasse quasi, ogni volta che vedi una parte rovinata, vorresti mandarlo a quel paese.
L’erba non è più erba, in realtà: non a caso chiamata terba, quella della seconda settimana di Wimbledon è in realtà una superficie simile a tutte le altre sul circuito, ormai. Ma rimane comunque una superficie anomala. Il rimbalzo non è quasi mai irregolare e le aperture troppo ampie non sono dunque sempre ammesse; la palla salta ormai uguale ma comunque meno di altri campi. In poche parole: i tennisti di oggi ci giocano davvero poco e questo rende tutto molto interessante.
Interessante perché negli ultimi anni di dominio Nadal-Djokovic, entrambi non sono stati sempre protagonisti a Wimbledon: Nole per problemi di appoggio sull’erba, nella quale non può effettuare le sue scivolate. E senza quel tipo di coordinazione, il tennis del serbo perde moltissimo. Rafa per le fatiche post-terra battuta e probabilmente una fame non eccessiva su questa superficie; non come all’inizio, quantomeno.
Non è certo del tutto impossibile che i due invece riescano a spadroneggiare anche qui, ma risulta più difficile: specie durante la prima settimana, Wimbledon è pieno di insidie, Nadal lo sa bene. Basta un giocatore che serve bene e non ha paura di tirare a metterti in difficoltà e sull’erba 2/3 punti chiave possono cambiare le sorti di un match. Djokovic a Wimbledon può perdere da diversi giocatori anche durante le fasi finali del torneo.
Così il vero favorito all’All England Club rimane il campione uscente, Andy Murray, che sarà testa di serie numero 3 (per via dell’algoritmo che si usa solo ai Championships per definire le teste di serie). Andy non vince da tanto tempo ma negli ultimi tempi è parso in crescita, per di più su una superficie che non ama come la terra rossa. Certo contro di lui ci saranno pressione e le inevitabili novità da assimilare nella collaborazione con Amelie Mauresmo, ma Murray sa giocare su erba e ha margine su questa superficie.
Un altro che sull’erba si è sempre trovato alla grande è Roger Federer: sono 7 i Wimbledon vinti e l’ultimo due anni fa, per non parlare dei 6 titoli ad Halle. Se c’è uno Slam che lo svizzero può ancora vincere, è proprio questo. Ma deve trovare una voglia e una concentrazione feroci e vivissime. Se fosse così, sarà una vera grossa minaccia per tutti, perché nessuno possiede la varietà che l’erba richiede come Federer.
La giovane minaccia, più di Dimitrov e Nishikori che comunque amano i prati, è Milos Raonic: con quel servizio e quei colpi da inizio gioco è uno spauracchio per tutti, visti poi i progressi compiuti ultimamente; il grande protagonista di Parigi, Ernests Gulbis, malgrado il grande servizio potrebbe pagare qui il modo di aprire per il dritto, troppo ampio per rimbalzi poco prevedibili.
Comunque sia, l’erba rimane ancora la superficie che più di tutti potrebbe farci divertire: dopo un Roland Garros piuttosto piatto, sarebbe una bellissima notizia.
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