TENNIS – WIMBLEDON – DI RICCARDO NUZIALE – Dopo le semifinali di Melbourne e Parigi, Eugenie Bouchard continua a meravigliare negli Slam: con la vittoria per 76(5) 75 sulla sicaria di Serena, Alizé Cornet, raggiunge i quarti di Wimbledon per la prima volta in carriera. Il suo tennis incompleto può non entusiasmare, ma è una predestinata grazie all’arma tipica delle campionesse: nei punti decisivi si cambia marcia.
Era l’ottobre 2012 e per molti fu quella la prima occasione per conoscerla. Approfittando dell’esplosione del fenomeno PSY, assieme all’amica Laura Robson girò una versione tennistica del videoclip di Gangnam Style, il nome più popolare della storia di Youtube (recentemente ha superato i 2 miliardi di visite: nessuno c’era mai riuscito). Il fatto che pochi mesi prima avesse vinto il titolo junior di Wimbledon, sia in singolare che in doppio, aveva sollevato ben pochi commenti, se non tra gli addetti più acuti.
Nemmeno la vittoria lo scorso anno, sempre sui sacri prati, contro Ana Ivanovic aveva fatto così scalpore. Innanzitutto perché, poche ore dopo, tutto il mondo tennistico si preoccupò di porsi domande esistenzialiste nel salutare la vittoria di Sergiy Stakhovsky su Roger Federer; in secondo luogo perché, si sa, la curiosità glamour e ideificativa viene sempre molto prima dell’interesse tecnico, così la sfida tra lei e la serba era stata meramente e banalmente considerata sotto lo sguardo maschilestetico.
Poi è arrivato il 2014, e anche i più assopiti e superficiali appassionati, quelli che si limitano a guardare i nomi arrivati agli ultimi giorni di Slam, hanno cominciato a conoscere la giocatrice. Perché Eugenie Bouchard ha raggiunto la semifinale sia agli Australian Open che al Roland Garros. Ora è nei quarti di quei Championships che l’hanno visto principessina, di cui lei vuole essere un giorno regina. Se quel giorno sarà sabato prossimo, tanto meglio.
Una campionessa sempre più annunciata, “Genie in a bottle”, ogni giorno che passa. Nonostante il suo tennis sia tutt’altro che esente da pecche. Anche oggi, contro l’assassina di Serena Williams, il talento mignon e acidello Alizé Cornet, ha mostrato tutti i suoi limiti tecnici: una gestualità meccanica, soprattutto col dritto, che la mette in serie difficoltà quando il gioco devia dalla ritmica esasperata che lei predilige; l’incapacità di saper attuare variazioni al proprio tennis di spinta stellare, quando quest’ultimo si dimostra non in giornata o disinnescato dalle controtattiche avversarie; anche a livello tattico, la canadese è stata oggi surclassata dalla francese, che ha sempre dato problemi nuovi al suo dritto (soprattutto caricando in top quando la canadese era costretta a colpire in corsa). Il tennis sa giocarlo, non pensarlo. A rete, infine, ha manifestato tutto il suo disagio, aprendo vasi di Pandora.
Ma colpevolizzare Eugenie Bouchard per tutto questo sarebbe ingeneroso: il male del tennis contemporaneo non nasce né muore con lei. È una pandemia arrestabile con quella volontà ai piani alti che manca, non è colpa primaria della quasi totalità di giocatori e giocatrici se non sa produrre un tennis a 360 gradi.
La Bouchard è una predestinata per due motivi: la pressione che sa imporre da fondocampo è qualcosa d’angosciante e letale, di una tale perfezione che appena i denti dell’orologio vengono sporcati da un po’ di polvere, l’ubriachezza del suo tennis si evidenzia con risultati disastrosi. E, soprattutto, ha quell’ingrediente segreto che tutti i massimini tennistici di questo mondo comprerebbero immediatamente ai propri assistiti se fosse in vendita: la capacità di giocare con straordinaria freddezza, aumentando il proprio livello, i punti che cambiano le partite. A 20 anni è mentalmente una veterana, il che non è affatto normale, è evidente.
A tal proposito, due odierni momenti esemplificativi del fenomeno Bouchard:
1) Nel tie-break del primo set, la canadese è avanti 4-1 con doppio minibreak. Poi combina un disastro dietro l’altro: doppio fallo, due dritti fuori, risposta sulla seconda sparata in rete. In un amen è 5-4 Cornet. Una sequenza di orrori che avrebbe scoraggiato una larghissima fetta di giocatrici, anche tra le più titolate. Lei invece cancella immediatamente il trend negativo, imponendosi mentalmente una risposta chiara: prima vincente, ace e, sul set point, costringe all’errore la francese.
2) Siamo sul 5-4 e servizio Cornet, che serve per portare il match al terzo. La Bouchard, che deve ancora perdere un parziale in tutto il torneo, non ha mai strappato il servizio all’avversaria nel match. E in questo non è esente da colpe: sulla seconda della Cornet sbaglia troppo, e in generale non riesce a giocare con lucidità. Ma in questo decimo gioco, lo sa benissimo, è costretta a far qualcosa. Lo sa, il fiuto di campionessa annusa il momento e agisce di conseguenza: inizia il game con una smorzata vincente, giocata che in tutto il match era stata costretta a subire, non certo a infierire, e va sullo 0-30 con un dritto devastante sulla riga. La Cornet recupera ma, sul 30-30, la Bouchard fa esplodere una risposta di rovescio degna di Attila. Un morso velenoso che non ha bloccato subito la francese, capace di arrivare alla parità, ma poco dopo, portandola a perdere i due punti successivi e di conseguenza il break di vantaggio. L’inizio della sua fine.
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