La parola del Direttore

Ace Cream / Wimbledon ed i mondiali di calcio: un incrocio molto pericoloso

TENNIS – Di Daniele Azzolini

Una seccatura, questi mondiali. Un’autentica fregatura. Wimbledon li avverte come una minaccia, li ritiene il più pericoloso dei concorrenti e si atteggia in gran dispetto. Mette il broncio, come una gran dama del Royal Box il cui cappello, spericolatamente edificato su molti nastri colorati, sia venuto giù al primo alito di vento.

Ogni quattro anni il confronto è aspro, ma il ricordo degli anni passati, con le prime pagine dei quotidiani desolatamente prive di tennis ma con molti palloni a santificare ben altre divinità sportive, offre ulteriori elementi di mortificazione e di sconforto. Il torneone sparisce dai titoli di testa, estirpato dalla storia quotidiana della Gran Bretagna. Quattro anni fa lo smacco fu grande: Wimbledon non ricevette l’onore di una sola foto in prima pagina, per non dire del solito tributo un po’ cortigiano di aggettivi celebrativi, addirittura dimezzato per via degli spazi ridotti.

Così, gli organizzatori dei Championships scendono in guerra contro i mondiali ingordi. Solitamente tagliano di netto le partite sullo schermo gigante, anche se le hanno promesse. Niente mondiali nel sacro impianto, il calcio disturba gli atleti del tennis. Nel 2002 affidarono a Tim Henman, non per niente detto Timbledon, il ruolo di portavoce ufficiale del loro disappunto. E Timbledon eseguì atteggiandosi a milordino stupito, di quelli che fanno precedere il loro sconcerto da una raffica di “oibò”. «Come si può giocare in simili condizioni?», chiese al colmo dello sconforto. «Stavo per perdere, per colpa di quei tifosi». Tutto perché un bel tipo in tribuna gli aveva urlato di darsi una mossa, che di quel passo avrebbe perso la partita in tivù.

Un bel colpo è stata la sconfitta dei leoni spelacchiati contro l’Italia. Hai visto mai che l’Inghilterra sarà già fuori allo scoccare delle ore 20 del primo martedì del torneo? Magari qualcuno ci spera. E a qualcun altro torneranno in mente le dichiarazioni che Brave Murray sparava anni fa, quando la prima vittoria londinese sembrava un miraggio e lui ostentava il suo spirito ribelle scozzese: «Se gioca l’Inghilterra, io tifo sempre per l’altra squadra». Ma qualche compromesso occorre trovarlo. I tennisti i mondiali li vogliono vedere. Fra i players tutto il fronte latino è imbevuto di calcio, dalla testa ai piedi. E lo stesso vale per i Fab Four. Djokovic tifa Milan, un po’ per i trascorsi italiani, un po’ perché la futura moglie (si sposeranno il 9 di luglio) ha studiato alla Bocconi. Murray è un discreto centrocampista, che ha scelto l’Hibernian come sua naturale sede calcistica. Nadal è ancora capace di impallidire se vede il suo Real Madrid andare sotto. Federer sembrerebbe il più rilassato, ma in una recente intervista si è scoperto che il suo improvviso peggioramento, un anno fa, proprio dopo Wimbledon e prima di Amburgo e Gstaad che lo videro perdere perfino con Brands, fu causato da una partita di pallone, alla quale non ebbe cuore di rinunciare. Aveva la schiena a pezzi, finì piegato in due. Poi c’è la Svizzera, che gioca. E lui conosce tutti, anche se è tifoso di Totti, con il quale – dicono – dà vita a memorabili siparietti. Una volta gli chiese perché il coach l’avesse sostituito (era Spalletti) ricevendo testuale risposta: «Perché il coach è de coccio».

Daniele Azzolini

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