TENNIS – Di Diego Barbiani
PARIGI. «Quello di oggi potrebbe essere stato il mio ultimo match» ha detto Nikolay Davydenko, visibilmente deluso dopo la sconfitta contro Robin Haase e circondato dai giornalisti in sala stampa.
«Devo prendermi una pausa, del tempo per pensarci sopra. Non andrò a Wimbledon, salterò tutta la stagione su erba. Nonostante abbia ancora il ranking non ho alcun interesse». A Giugno il suo ranking sarà oltre la centesima posizione mondiale e solo ripensare ad un paio di anni fa quando ancora era uno dei migliori giocatori del circuito sembra di tracciare il ritratto di un’altra persona rispetto a quella che è adesso.
«Durante gli allenamenti – ha poi aggiunto – non corro più come prima. Mi sembra di non poter più fare quello che prima era mia abitudine. Oggi ho provato a fare tutto il mio meglio, ma non sono mai riuscito ad impensierire il mio avversario. Non riesco ad allenarmi duramente, ricado troppo spesso in infortuni e non riesco mai ad avere costanza. Per questo se devo pensare ad allenarmi non ho proprio voglia».
Tornando all’argomento principale, non ha saputo dare una risposta precisa. Il ritiro però, potrebbe davvero non essere distante. Davydenko, infatti, ha dichiarato che «Non scenderò di livello per giocare i Challenger e non mi cimenterò nelle qualificazioni dei tornei Atp. Al massimo farò richiesta per una wild-card». La sensazione, però, è che il tempo rimanente possa essere davvero poco. Lo stesso giocatore ha poi rivelato di aver «parlato con molti giocatori che si sono ritirati negli ultimi anni e tutti mi hanno detto che è una sensazione meravigliosa, la migliore di sempre. Ho parlato con Bjorkman, con Ljubicic, e tanti altri: tutti mi hanno detto che è una cosa bellissima».
Seguirà le orme di alcuni di loro, come lo stesso croato, nel ruolo di allenatore? «Al momento non posso escluderlo, non saprei. Tutto può accadere nel giro di cinque o dieci anni». Anche vivere una carriera piena di soddisfazioni come quella di Davydenko. Carriera che però, ora, sembra ormai prossima alla parola “fine”.
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