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Challenge Round. Tommy Haas, il talento oltre l'anagrafe

TENNIS – di FABRIZIO FIDECARO

Tommy Haas è stato fra i protagonisti agli Internazionali Bnl d’Italia, dove ha raggiunto i quarti battendo Stan Wawrinka. Contro Dimitrov si è dovuto arrendere agli acciacchi dell’età, ma il 36enne tedesco è sempre in grado di regalare spettacolo…

Alla fine gli acciacchi dell’età hanno avuto la meglio, ma a Roma, finché il fisico ha retto, Tommy Haas ha regalato spettacolo. E dire che la sua corsa verso i quarti di finale degli Internazionali Bnl è partita da un’anomale sfida con Andreas Seppi sul Grandstand, con l’altoatesino, innervositosi per una chiamata arbitrale, che ha gettato a terra la racchetta (con un certo garbo, a ogni modo), perdendo la concentrazione e il match. In effetti l’irritazione di Andreas – un esempio di sportività, ricordiamolo – era più che comprensibile, visto che, nelle fasi chiave del terzo set, il giudice di sedia Fergus Murphy gli ha chiamato per due volte nel giro di altrettanti game un’assurda time violation al servizio, costringendolo a battere direttamente la seconda su una delicatissima palla break sul 3 pari. Haas, a ogni modo, ha approfittato della situazione con esperienza, mantenendo il giusto distacco mentre il clima si faceva rovente e tirando una magnifica accelerazione di diritto, che lo ha lanciato verso il successo.

Al secondo turno Tommy ha continuato a deliziare i palati fini contro l’olandese Sijsling, con cui aveva perso a sorpresa la settimana precedente a Madrid. In Spagna aveva inciso la preoccupazione per il processo a papà Peter e Mamma Brigitte, conclusosi in quei giorni con una condanna a nove mesi di galera per evasione fiscale: un peso che di certo grava non poco sul suo cuore.

Poi la splendida rimonta con il numero 3 del mondo Stanislas Wawrinka, battuto sul centrale a colpi di tennis d’autore. «Questi ragazzi sono così rapidi e hanno tanta potenza che sono in grado di passarti da ogni parte», ha spiegato il 36enne di Amburgo al termine del match con l’elvetico. «Io devo essere concentrato, pronto mentalmente, avere il gioco di gambe appropriato e sapere quale lato del campo coprire. Cercare di applicare uno stile come il mio è molto frenetico, ma per me è importante. Non voglio restare a scambiare venti volte in ogni punto, non ho più la resistenza per farlo. Devo variare, e sono felice di esserci riuscito. Questo è il mio piano di gioco: non va sempre come oggi, quindi sono davvero entusiasta».

Haas sapeva che il suo corpo disponeva di un’autonomia limitata, ma lo ha sottoposto forse a uno stress di troppo disputando nel tardo pomeriggio un combattutissimo doppio, vinto, al fianco di Stepanek, su Kubot e Lindstedt, dopo aver salvato tre matchpoint. Il giorno dopo ecco il temuto rovescio della medaglia. Il quarto di finale con Dimitrov, di fatto, è durato due game: il tempo di tenere il servizio in apertura e non concretizzare due palle break subito dopo. Poi la spalla destra, quella che già tanti guai gli ha provocato in passato, è tornata a dolere oltre il sopportabile e al termine del primo set è arrivato il prevedibile ritiro.

Per Haas si tratta del terzo incontro stagionale non portato a termine dopo quelli agli Australian Open (primo turno con Garcia-Lopez) e a San Paolo del Brasile (semi con Lorenzi). Già nel 2013 aveva collezionato tre eliminazioni per walkover (con Lopez a Memphis, Nieminen a Düsseldorf, Del Potro a Shanghai) e una per abbandono (con Matosevic a Montreal). A marzo il problema alla spalla gli era costato la partecipazione a Miami – dove l’anno scorso aveva battuto Djokovic avanzando fino alla semi – e un mese e mezzo di lontananza dal circuito, prima del rientro con la semi a Monaco.

Un peccato, perché Tommy, quando i malanni gli danno tregua, continua a mostrare come il talento possa essere più forte dell’anagrafe. Nel 2014 lo si era già visto a Zagabria, dove aveva ceduto solo in finale a Cilic, e soprattutto a Indian Wells, con una bella vittoria su Nishikori prima della resa dinanzi a Federer. «Ero molto soddisfatto di come avevo giocato in California», ha ricordato. «Sentivo che stavo andando nella direzione giusta, ma purtroppo, a causa della spalla, ho dovuto fare un passo indietro».

Un destino infausto che si è ripetuto sul più bello al Foro Italico, dove raggiunse il match clou dodici anni or sono, battendo Grosjean, Moya e Roddick per arrendersi ad Agassi. Il giorno dopo la finale il ranking Atp lo posizionò sul secondo gradino, alle spalle del solo Lleyton Hewitt. Altri tempi, altro tennis: l’era Federer-Nadal era di là da venire. Eppure Tommy è ancora qui, pronto a offrire gli ultimi scampoli della sua classe agli appassionati. Che, sentitamente, ringraziano.

 

Fabrizio Fidecaro

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