TENNIS – di FEDERICO PARODI
Stanislas Wawrinka è il tennista più felice del pianeta: nella Race, in virtù di uno strepitoso inizio di stagione, guarda tutti dall’alto verso il basso. Ha già conquistato tre tornei nel 2014, Chennai e soprattutto Australian Open e Montecarlo. Con i top ten è stato impeccabile e ha messo in riga Djokovic, Nadal e Federer. È lecito, alla luce della recente affermazione del numero 3 del mondo nel Principato, considerare “IronStan” il più forte giocatore attualmente in circolazione?
La continuità di risultati, certificata dal primato nella race, farebbe propendere per una risposta affermativa. Ma non sono le sole statistiche a dare ragione al numero uno di Svizzera: dal punto di vista tecnico, Wawrinka sembra davvero il più completo, l’unico con il rovescio a una mano in grado di tener testa al prototipo di giocatore moderno, bimane e senza apparenti punti deboli, incarnato dai due giocatori che lo precedono in classifica. Proprio quel rovescio, fiore all’occhiello del suo tennis, è il colpo intorno a cui Magnus Norman ha costruito il giocatore vincente che ammiriamo oggi. L’ex coach di Robin Soderling ha lavorato a lungo sul dritto e sull’attitudine in campo di Stan, che spesso era solito palleggiare in prossimità dei teloni di fondo campo, aspettando l’errore dell’avversario. Oggi, invece, Wawrinka gioca aggressivo, spesso in avanzamento progressivo. Nessun altro è in grado attualmente di generare una simile potenza con entrambi i fondamentali e allo stesso tempo di trovare precisione e angolazione nei colpi. Quando lascia andare il braccio, disegna il campo con una profondità e una pesantezza di palla impressionanti, diventando semplicemente ingiocabile.
La testa è stata per anni il suo tallone d’Achille, causa principale di una maturazione ad alti livelli tardiva. Ha dovuto aspettare 13 partite e una finale slam per avere la meglio sulla bestia nera Nadal, incredulo (a prescindere dalle sue condizioni fisiche) per il livello di gioco dell’avversario al suo primo atto conclusivo in un major. Ora che ha battuto in finale a Montecarlo Federer e si è scrollato di dosso il complesso d’inferiorità nei confronti del suo scomodo connazionale, Wawrinka sembra aver spiccato il volo, avanzando la propria candidatura anche per Parigi. Essersi aggiudicato, per di più in rimonta, una finale tutta svizzera è stato probabilmente l’ultimo test probante per la sua testa, un tempo fragile, oggi fortificata dalle vittorie. Poco più di un anno fa, a Indian Wells, a un mezzo Federer (senza servizio e con la schiena a pezzi), era bastato rimandare la palla dall’altra parte della rete e attendere l’errore di Wawrinka per portare a casa la partita. Sembra passato un secolo: oggi è tutta un’altra musica, le gerarchie si sono invertite ed è il vincitore di 17 slam che, per ragioni anagrafiche, si deve inchinare alla superiorità dell’amico.
Dopo il sorprendente trionfo di Melbourne dello scorso gennaio, “Stanimal” si è preso una pausa di circa due mesi: non pervenuto nei tornei americani, è uscito senza convincere contro Kevin Anderson a Indian Wells e Alexandr Dolgopolov a Miami. Per carità, buoni giocatori, ma l’impressione è che Stan fosse contratto dalla pressione di dover dimostrare, in qualsiasi torneo del mondo, di essere un degno vincitore slam e di meritare la terza posizione mondiale. La sconfitta contro Golubev in Davis e la prova negativa nel doppio sono state una sorta di sveglia: contro Kukushkin, perso il primo set, ha reagito da grande campione, offrendo a Federer la possibilità di segnare il punto decisivo e mandare la Svizzera in semifinale. In quel momento, Wawrinka ha capito che la pausa era stata fin troppo lunga e a Montecarlo abbiamo rivisto il giocatore d’inizio stagione, aggressivo, solido, determinato.
Ora, conquistato anche il primo 1000 della carriera, è atteso a una nuova conferma nelle prossime settimane. Il re della terra rossa, Nadal non sembra più così imbattibile sul suo terreno e Djokovic, che ha in testa un chiodo fisso chiamato Roland Garros (unico torneo slam che non ha mai vinto), non è al meglio. Se fino all’anno scorso il dominio sul rosso sembrava un affare a due, oggi Rafa e Nole devono fare i conti con il nuovo Wawrinka. È lui il giocatore più in forma, è lui che ha nelle corde la possibilità di spezzare il duopolio su terra battuta.
D’altronde, più della metà dei tornei in bacheca (4 su 7) li ha vinti sul lento, superficie che occupa anche il primo posto nelle sue preferenze. Sul cemento ha già dimostrato di avere le credenziali per mettere in difficoltà chiunque, sull’erba è andato in finale l’anno scorso a ‘s-Hertogenbosch, pur non avendo mai brillato sui prati di Wimbledon. È comunque difficile paragonare il vecchio Stan a quello nuovo e scintillante di fine 2013 e inizio 2014. Per questo sarà interessante vederlo all’opera ai Championships, dove sulla carta ha tutte le armi per giocare bene e dare spettacolo.
Prima del verde è però chiamato a una grande stagione sulla terra rossa. Madrid (dove difende la finale dello scorso anno persa contro Nadal) e Roma saranno un crocevia fondamentale per capire quello che sarà in grado di fare a Parigi. La prima posizione mondiale è ancora molto distante (6.730 punti è il distacco che separa l’elvetico da Nadal), ma sul campo in questi primi mesi del 2014 l’ex vassallo di Federer merita la palma di miglior giocatore, per il gioco espresso e per i risultati. L’obiettivo Parigi, insomma, non è così proibitivo e Wawrinka avrà nel suo angolo Magnus Norman, uno che sa bene come si batte l’otto volte campione del Roland Garros sul Philippe Chatrier. Ma questa è un’altra storia…
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