TENNIS – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Rimane una stagione fin qui insolita rispetto alle ultime: di chi è il merito? Wawrinka ha lanciato l’assalto ai Fab Four, gli altri stanno andando dietro? Tsonga dice: “Avrei dovuto vincere io quello Slam, anni prima”.
Djokovic sembrava aver riportato la Restaurazione tra Indian Wells e Miami; California e Florida ai suoi piedi, era parso a tutti che il 2014, fin lì piuttosto bizzarro quanto a risultati e protagonisti, i “cannibali” del circuito erano tornati a far sentire la propria presenza.
A Monte-Carlo, lo shock: proprio nel Principato, luogo di dominio terraiolo salvo giusto lo scorso anno nel quale un numero uno del mondo si era permesso di spezzare una continuità quasi imbarazzante, Stan Wawrinka lo fa ancora. Irrompe e si prende la gloria; Wawrinka quest’anno, è bene ricordare, è avanti 6-0 nello scontro contro top ten: Djokovic, Nadal, Federer, Ferrer, Berdych, Raonic. Uno Slam e un MS1000, i primi della carriera.
Sembra quasi che Stan abbia indicato la via, una sorta di “ribellione” da parte di chi da anni è costretto a recitare un ruolo marginale e che dei Fab Four (ormai decisamente defunti nel loro ruolo) non ne può più: così David Ferrer e Nico Almagro, da tempo considerati “vassalli” del più vincente compatriota Rafa Nadal, trovano il modo di batterlo.
D’accordo, non era il miglior Nadal -e ci mancherebbe- ma quante volte sia Ferrer che Almagro sono stati vicino a battere Nadal, anche sulla terra e se la siano poi fatta un po’ sotto?
Questa volta no, questa volta hanno creduto fino all’ultimo punto alle loro possibilità, malgrado il campionissimo si fosse rifatto sotto.
Stessa cosa accaduta proprio a Wawrinka in finale a Monte-Carlo, nella quale dovette rimontare e vincere un difficile tie-break per poi dominare nel terzo parziale il suo mentore, Roger Federer. Wawrinka che veniva certo dalla fiducia e dalla convinzione post-Melbourne, ma anche dalle delusioni negli States, probabilmente causate dalla sbornia dopo il primo successo, quello che realmente ti cambia vita e carriera.
Le vittorie in settimana sulla terra di Nishikori a Barcellona e Dimitrov a Bucharest fanno pensare a una generazione comunque deludente ma che finalmente inizia ad emergere, sebbene non a livelli ancora altissimi; non sono riusciti a fare exploit clamorosi, in tornei dello Slam soprattutto, ma trovano finalmente la forza di vincere con continuità, in attesa di una ATP che almeno in parti si rinnovi.
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