TENNIS – di FABRIZIO FIDECARO
Fabio Fognini torna dai Master 1000 sul duro americano con in tasca due buoni piazzamenti negli ottavi di finale. Ormai i match che ritiene alla sua portata li vince con continuità, ma proseguono gli affanni con i migliori e con i “pari grado”.
In un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Matchpoint Tennis Magazine (3/2014), ci domandavamo in che cosa Fabio Fognini dovesse ancora migliorare per riportare l’Italia fra i top ten del ranking Atp dopo tanto tempo di assenza. I punti all’ordine del giorno erano essenzialmente tre: il rendimento Slam, quello sulle superfici diverse dalla terra, il bilancio nei confronti diretti con i migliori e con i “pari grado”.
Dopo i Master 1000 di Indian Wells e Miami possiamo già stilare al riguardo un primo bilancio, chiaramente quanto mai provvisorio. Tralasciando, per ovvi motivi, la questione relativa ai Major, cominciamo con il dire che il ligure ha senz’altro centrato l’obiettivo di fare meglio lontano dal rosso. Ha colto, infatti, due piazzamenti negli ottavi di finale, rispettando in pieno il suo status di testa di serie tra il n. 9 e il n. 16. Un traguardo per nulla scontato, che ne ha confermato gli evidenti progressi generali, e da cui traspare la consapevolezza di aver compiuto un importante salto di qualità. Basti dire che, oltre a lui, a giungere tra i primi sedici in entrambi i Master 1000 statunitensi sul duro sono stati solo in sette: Djokovic, Wawrinka, Federer, Murray, Isner, Raonic e Dolgopolov.
Per quanto riguarda le sfide con i migliori, o, comunque, con coloro che gli fanno compagnia tra i primi venti o giù di lì, i risultati sono stati meno brillanti. In California Fabio ha sconfitto in tre set Ryan Harrison (in quel momento n. 117) e Gael Monfils (n. 25), cedendo poi nettamente ad Alexandr Dolgopolov, che era n. 31, ma è già salito al n. 23 e lunedì continuerà ancora la propria ascesa, rientrando a suon di vittorie fra i top twenty.
In Florida sono arrivati i successi sullo slovacco Lukas Lacko (n. 105) e, in rimonta, sullo spagnolo Roberto Bautista-Agut (n. 47). Poi, però, una resa incondizionata (62 62) dinanzi al numero uno del mondo Rafael Nadal. Non si poteva certo pretendere che l’azzurro battesse lo spagnolo, ma, al di là del piccolo problema muscolare, un minimo di attitudine alla lotta in più non avrebbe guastato, così come già nel caso, più eclatante, della sfida con Novak Djokovic a Melbourne.
Insomma, Fognini è ormai in grado di far valere con continuità la sua superiorità tecnica nei confronti dei tennisti che distanzia in classifica di un po’, ma con i suoi “pari grado” (come va certamente ritenuto Dolgopolov) e con i top player ancora deve trovare la quadratura del cerchio. Fabio è già numero 14 del mondo e lui per primo deve convincersi di poter battere anche i migliori. Se riuscirà a incanalare le sue energie nella maniera giusta, lottando colpo su colpo con tutti senza mai darsi per vinto, i risultati dell’ultimo anno, già molto buoni, avranno un’ulteriore impennata. E allora, davvero, a trentasei anni di distanza da Corrado Barazzutti, l’Italia al maschile potrà festeggiare un proprio rappresentante nell’elite del tennis.
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