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Pennetta: la terra rossa è legge, il cemento è consuetudine

di LORENZA PAOLUCCI – I quarti agli Australian Open raggiunti da Flavia Pennetta sono l’ennesima dimostrazione che l’ex top ten italiana abbia con le superfici rapide un feeling particolare. Lei ha sempre detto di preferire la terra battuta (logico per un’ italiana) ma il campo dice ben altro.

Che la superficie preferita dai tennisti italiani sia la terra rossa è una verità “sacrosanta”, frutto dell’inclinazione della scuola italiana sulla quale grava il difetto di non saper offrire una preparazione adeguata anche sul veloce, fondamentale per formare dei campioni.  Un debole per la terra rossa ha sempre detto di averla, da buon italiana, anche Flavia Pennetta che alla domanda su quale sia la sua superficie preferita risponde senza esitazione “la terra rossa, per me è quasi sacra”. I risultati in campo però dicono tutt’altro.

Flavia in singolare ha conquistato 9 titoli WTA, 7 di questi sulla terra battuta ma il più importante, il Premier di Los Angeles, lo ha vinto sul cemento (nel 2009) sconfiggendo Zvonarena, Sharapova e Stosur. Nello stesso anno conquistò anche la top ten e lo fece raggiungendo la semifinale di Cincinnati (torneo sul cemento), dove battè Venus Williams. La più grande delle sorelle Williams è una delle più illustri vittime dell’azzurra, Flavia l’ha sconfitta in carriera quattro volte su sette precedenti, di cui tre su campi veloci ( Cincinnati, Mosca e Bangkok). Ma lo scalpo di Venus è solo uno dei tanti raccolti dalla brindisina sul cemento, della sua collezione fanno parte quelli già ricordati di Stosur, Sharapova ( per 2 volte) e  Zvonarena, ai quali vanno aggiunti  Wozniacki, Kuznetsova, Azarenka, Mauresmo.
Insomma sul veloce Flavia ha sconfitto e giocato alla pari con le più forti, proprio sulla loro superficie preferita, dove è più difficile affrontarle.

Il feeling con il cemento è iniziato tra l’altro in un momento particolare della carriera della n.3 d’italia, a Bangkok, quando superò Venus in semifinale per poi conquistare il titolo. Correva l’anno 2007 e Flavia stava risalendo dal baratro dove problemi fisici e personali l’avevano spinta, e proprio quella vittoria è stata per lei trampolino di lancio verso il tennis che conta.
Nello stesso anno comincia a mettere il naso fuori anche sui campi degli Us Open, torneo che da allora in poi diventerà il “suo Slam”. A Flushing Meadows vanta quattro quarti di finale, i 6 match point annullati alla Zvonarena, l’ impresa contro la Sharapova e soprattutto la semifinale del 2013, che ha dato il ” la” alla sua seconda rinascita.

Negli Slam Flavia non ha mai ottenuto risultati migliori di quelli raccolti a New York, i recenti quarti a Melbourne sono stati i primi della sua carriera lontani dalla Grande Mela. Anche la prima semifinale in un Premier Mantadory è stata sul veloce, a Pechino.
E sulla terra battutta? L’amore che Flavia prova per il rosso non è pienamente ricambiato, qui a parte i 7 tornei vinti (tutti di seconda fascia) non ha mai brillato particolarmente. Le uniche performance da ricordare sono il terzo turno a Parigi contro Venus Williams e la cavalcata a Roma del 2012 prima che il polso la fermasse. Ma sono briciole in confronto ai risultati sul veloce, quelli che l’hanno resa una giocatrice di vertice.

Anche le sue colleghe se la cavano bene al di fuori della superficie prediletta, ma è comunque  sul rosso che piazzano gli acuti più importanti (vedi le prodezze al Roland Garros di Schiavone ed Errani) e nessuna comunque sembra avere con il cemento la dimestichezza di Flavia.
Gli uomini al contrario al veloce sembrano essere allergici, pensiamo che  Filippo Volandri non vince un match sul cemento dal 2007.
La brindisina va dunque controcorrente rispetto alla tradizione italiana che vuole i nostri più competitivi in tornei come Roma e Parigi e meno quando ci si sposta al di fuori dell’amata terra battuta. Complice di ciò è sicuramente la scuola spagnola nella quale è tennisticamente cresciuta e che la resa una giocatrice versatile su qualsiasi superficie, inevitabile  per essere  competitivi ad alti livelli.

E’ palese però che nel circuito femminile non ci sono top player da terra battuta, Serena e compagne al di fuori del veloce sono tutte più battibili. Se Flavia tirasse a lucido i suoi colpi sulla sua amata terrra rossa forse ne verrebbe fuori un matrimonio migliore di quello con il cemento.
Roma e Parigi sono li che l’aspettano e per New York c’è sempre spazio.

Redazione

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