di FABRIZIO FIDECARO –
Tre set a zero: 62 63 64. Un verdetto inappellabile. Ernests Gulbis ha salutato l’edizione 2014 degli Australian Open già al secondo turno, con una batosta incassata dallo statunitense Sam Querrey. E dire che la sua carriera, specie per quanto riguarda proprio il rendimento negli Slam, era partita lanciatissima.
Al debutto assoluto nei Big Four, al Roland Garros del 2007, il lettone passò subito un turno, con una netta affermazione sull’ormai “anziano” Tim Henman, seguita da un’onorevolissima sconfitta al tie-break del quarto con lo specialista terraiolo Albert Montanes. Al terzo Major in carriera, gli US Open dello stesso anno, giunse un brillante piazzamento negli ottavi: se ne ricorda bene il nostro Potito Starace, che all’esordio si ritrovò sul groppone un passivo di tre set a zero, così come il tedesco Michael Berrer e lo spagnolo Tommy Robredo nei round successivi. Solo l’ex numero uno Carlos Moya fermò il giovane dell’est europeo, spuntandola in quattro set al termine di una dura lotta.
Al quinto Slam cui prendeva parte, il Roland Garros 2008, Gulbis ottenne un clamoroso piazzamento fra i primi otto. Eliminò con autorità Simon Greul, James Blake (l’unico a strappargli un parziale), Nicolas Lapentti e Michael Llodra e nei quarti impegnò Novak Djokovic, che prevalse solo per 75 76 75. All’epoca Ernests non aveva ancora vent’anni e il suo futuro tennistico appariva quanto mai roseo.
Da allora, almeno negli Slam, il nulla cosmico, o quasi. Nelle successive ventuno prove cui ha partecipato (ha saltato Wimbledon 2010 e Melbourne 2013, per il resto è sempre stato al via) soltanto una volta ha passato il secondo round, l’anno scorso a Londra, dove peraltro si è fermato subito dopo (vittorie sui francesi Roger-Vasselin e Tsonga, quest’ultima per ritiro; netta battuta d’arresto con Verdasco). Davvero pochissimo per uno che, quando non figurava nel seeding, era solito parlare di sé come la mina vagante di ogni Slam.
E questi Australian Open non hanno fatto eccezione, nonostante Ernests partisse accreditato della 23esima testa di serie. Dopo un faticoso successo all’esordio sull’argentino Juan Monaco, ecco la scoppola rimediata da Querrey. Insomma, niente di nuovo sotto il sole (è proprio il caso di dirlo, viste le temperature da svenimento di Melbourne…).
Ormai Gulbis ha venticinque anni (ne compirà ventisei ad agosto) e siamo abituati alle sue controprestazioni sul campo. Troverà mai la continuità? Riuscirà a maturare e a ottenere i risultati che sarebbero nelle sue corde? Chissà. Per il momento seguitiamo ad ammirarne talvolta sprazzi di gran tennis, ma sono sempre più i bassi che gli alti.
Emblematici gli head to head con Rafa Nadal. Ernests ha spesso messo in difficoltà l’attuale numero uno, gli ha strappato set, lo ha perfino dominato per larghi tratti di alcuni match. Poi, però, vai a vedere il bilancio delle sfide e noti che il maiorchino ha vinto tutte e sette le volte (l’ultima a Doha, un paio di settimane fa). D’accordo, Nadal è un mondo a parte, ma è anche da queste situazioni che si nota la consistenza di un giocatore…
A ogni modo, Gulbis sarebbe ancora in tempo per esplodere ai livelli che gli competono e tenere fede, almeno in parte, alle aspettative iniziali. Dipenderà da lui: se vorrà scavare dentro di sé alla ricerca delle motivazioni adeguate, potremo assistere a qualcosa di importante. Altrimenti, si andrà avanti così e sconfitte come quelle contro Querrey continueranno a rimanere la triste normalità.
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