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Australian Open: Federer avanti al piccolo trotto

Di Davide Bencini

Passi che era un primo turno. Passi che l’avversario era un semisconosciuto che da sinistra serviva da una tenda da campo fuori dallo stadio e che giocava con chi ha l’aria di avere vinto un viaggio premio a Gardaland. Passi anche il caldo di 40 gradi all’ombra.

Fatto sta che il Federer visto oggi sapeva molto di gattone dormiente che avesse giusto la voglia di sbrigare la pratica e andarsene a mangiare un gelato.

Pronti via e 3 palle break non trasformate. Tanto per rimarcare il marchio di fabbrica. Un po’ macchinoso, spesso falloso, in risposta Ruggero pareva un Robredo qualunque per gran parte dei primi due set; e di là c’era Duckworth, mica Sampras…

Certo, non è che ci si possa sempre aspettare che Roger demolisca tutti 6/1 periodico, specie a questa età dove cerca di risparmiare le forze per i turni che contano, ma magari risparmiare le forze potrebbe anche voler dire stare in campo mezz’ora in meno trasformando almeno una palla break ogni 7 giorni, invece che chiudere contro 4/17 contro il 133 del mondo.

La sensazione era di un Federer abbastanza pigro e passivo, che senza dei palesi limiti e sparate nel quarto quadratino della rete dell’avversario nei primi due set avrebbe potuto anche complicarsi la vita in degli scomodi tie break. Centrato sì al servizio, dove ha concesso, più per distrazione che altro, un’unica palla break in tutto il match, in risposta è tornata a gran voce la risposta in back a un metro sopra al nastro, che, soprattutto sulle palle break, consegnava il pallino del gioco immediatamente all’avversario, quando non finiva in rete. Vero anche che era la prima volta che i due si incontravano, e più volte Roger si è dichiarato un po’ in difficoltà a fronteggiare avversari mai affrontati in precedenza. Ed è vero anche che il kick da sinistra di Duckworth mandava spesso Federer a rispondere dal chiosco delle bibite del parcheggio; fatto sta che in molti frangenti l’atteggiamento non era così aggressivo come ci si aspetterebbe da qualcuno che ha nelle corde quel tipo di gioco e vuole rilanciarsi dopo un’annata fallimentare.

I punti interrogativi, in attesa di un test vero, rimangono, pur riconoscendo di stare un po’ cercando il pelo nell’uovo. Resta pur sempre vero che, in difesa di Roger, un match così si sarebbe proprio dovuto impegnare per renderlo complicato.

Si è visto per la prima volta Edberg nel suo boxe, nascosto dietro a degli occhialoni anni ’80 manco fosse uscito dal remake di Top Gun, e tutti si chiedono cosa potrà cambiare nel gioco dello svizzero, a cominciare da questi Australian Open dove ha aggiunto ai suoi 400 record quello degli slam consecutivi giocati; 57, un numero incredibile solo a pensarlo.

Ci si chiede cosa dirà Roger adesso di una superficie che, agli occhi di chi guarda, non sembra poi tutta ‘sta velocità rispetto a quella del 2013, con l’annessa sensazione che si sia dato eco a qualcosa che in realtà era solo un’indiscrezione e niente più. Sarà il caldo, sarà l’umidità, ma se questa è la superficie più veloce a Melbourne degli ultimi dieci anni viene da chiedersi cosa fosse quella precedente: ghiaccio-plexiglas?

In ogni caso, tornando al match odierno, la partita è scivolata via senza il minimo dubbio riguardo alla direzione che avrebbe preso, come del resto tutti si aspettavano, con un terzo set dove Federer (mancando anche in questa occasione 3 o 4 palle break tanto per gradire) ha deciso di chiudere la pratica in anticipo.

Ok, non ci si può più aspettare un rullo compressore; ma dai prossimi turni sarà bene che Roger carburi un po’ di più. Nel frattempo, quale sarà la vera forma di Federer?

Davide Bencini

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