Di ROSSANA CAPOBIANCO – I numeri non mentono mai e le percentuali delle volte in cui il calo mentale di Federer è stato misurato è in continua crescita: la buona notizia per lui è che non è più possibile che cresca. Roger può solo migliorare una tendenza pericolosa: a cosa è dovuta? Solo l’età o c’è dell’altro?
Al di là delle apparenze, delle chiacchiere, delle critiche che si devono fare per riempire pagine di giornali, su internet, per guadagnarsi il pane e per vendere; per piacersi e piacere, per creare discussioni. Al di là di tutto questo ci sono i numeri. Le percentuali che si confrontano.
Qualche giorno fa mi è capitato di dare un’occhiata a una statistica che mi è parsa davvero inquietante, per Federer: la percentuale, sempre in crescita, delle volte in cui è stato breakkato nei primi tre giochi del set decisivo. Se il 2013 dice una cosa scontata, ovvero 100%, che è certo sconcertante ma è quello che abbiamo visto in un’intera stagione e lo avevamo chiaro, quello che più rende interessante la cosa è che dal 2008 questa percentuale è salita fino a diventare piena.
2008: 61%
2009: 66%
2010: 68%
2011: 75%
2012: 80%
E il 2013, che racconta come Roger abbia sempre subito il break nei primi tre giochi del set decisivo. In poche parole cosa accade? E perché?
Non è facile da analizzare, troppe varianti e motivazioni sono possibili, ma certo è indice di una solidità fisica e nervosa che da cinque anni a questa parte va calando in maniera costante. Normale? Forse sì, visto l’aumento dell’età e del logorio fisico e mentale. I famosi “vuoti” di concentrazione, quelli in cui un giocatore non riesce a stare lì ad ogni punto e ad avere chiara la propria strategia. E’ davvero tutta colpa del logorio, di tanti anni sul circuito e di un naturale calo di motivazioni?
Le motivazioni per chi continua a giocare ci sono sempre: a volte più forti e altre meno, spesso evidenti e altre volte nascoste. Magari non in tutti i match e in tutti i tornei, ma le motivazioni, la volontà, se continui a sudare e a divertirti dentro su un campo da tennis, per un professionista ci sono.
Non va sottovalutata, a livello psicologico, l’intrusione continua di pensieri parassitari, che impediscono la concentrazione a causa di un’ inibizione del passaggio delle informazioni e della carica emotiva e la facilità a trovare il modo di essere completamente in quel posto e sapere cosa fare al momento giusto.
In questi anni, soprattutto durante l’ultimo, Federer ha avuto da pensare parecchio, pensieri che esulano dal tennis: ultima la schiena, che lo ha torturato da Febbraio in poi senza sosta e che ha abitato nei pensieri di Federer, tra allenamenti e partite, tutto il tempo. Prima ancora, le figlie, la famiglia: tutti gli spostamenti e gli accorgimenti da trovare. Tutto scelto da Roger e da sua moglie, che hanno qualsiasi tipo di aiuto e di disponibilità economica, ma sono comunque genitori e se la notte tua figlia piange perché ha mal di pancia, non rimani a ronfare nella stanza accanto mentre la tata se ne occupa.
Ci sono tanti fattori, oltre alla naturale involuzione dovuta ai tanti anni di professionismo e di viaggi e fusi orari: paradossalmente, si migliora dal punto di vista tecnico grazie ai tanti allenamenti e all’esperienza e mentalmente si arriva a difficoltà più evidenti a causa della freschezza perduta.
Ce n’è uno però, di fattore, che a mio avviso è il maggiore responsabile di questa tendenza: la fiducia. Fino al 2008 Roger era il dominatore indiscusso, quello che anche soltanto per il fatto di trovarsi dall’altra parte della rete incuteva timore e l’avversario partiva battuto. Percepito da Federer, che in 5 anni aveva fin lì vinto 12 Slam e la posizione numero 1 nemmeno veniva avvicinata. Decisamente più agevole nel momento decisivo del set decisivo o anche al suo inizio essere certo di vincere, quando perdere era la rara eccezione. Si può sempre rivoltare la cosa, certo: essere dominatore dipendeva da quello e quando quella percentuale ha iniziato ad aumentare, ha smesso di esserlo. E’ un ottimo punto, ma chi è sempre stato dominatore nella propria carriera sportiva? Nessuno.
Senza contare il fatto che essere breakkato all’inizio nel set decisivo può volere dire tutto o niente: esempio lampante il penultimo match giocato dallo svizzero in questa stagione contro Del Potro, nel quale ha perso la battuta ma ha trovato modo e forza di breakkare il suo avversario e andare a vincere la partita. Cosa che però capita raramente; a Basilea, due settimane prima, non era riuscito a recuperare a quell’ennesimo calo di tensione, così come avvenuto in tutto il corso dell’anno.
Può Federer abbassare di nuovo questa percentuale? Fare meglio di quest’anno è facile: gli basterebbe tornare al 2009, quando nonostante un 66% riuscì a portare a casa due Slam e a vincere molto; anche lo scorso anno, nonostante una percentuale così alta, l’anno è stato decisamente positivo. Può farcela da solo e può bastare la salute e la semplificazione di molte cose? Certamente lo aiuteranno, ma Roger non ha mai lasciato nulla al caso: nei primi anni 2000 si affidò ad uno psicologo dello sport per correggere alcuni atteggiamenti e pensieri in campo. Non è escluso che lo rifaccia.
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