da Parigi, VALENTINA CLEMENTE –
Prendere coscienza dei propri mezzi è forse il lavoro più difficile nella carriera di un atleta (e non solo): i nodi da sciogliere sono spesso molteplici, come anche le emozioni che si vivono nel corso delle stagioni. Alcune poi si possono condensare in pochi secondi, come è successo nella serata di ieri a Richard Gasquet e Riccardo Piatti, i quali condiviso la gioia per il traguardo delle Finals di Londra.
Per Gasquet si tratta ovviamente di un ritorno, cercato con insistenza sin dall’avvio della collaborazione con Piatti e partendo proprio dalle emozioni che i due hanno condiviso, abbiamo cercato di ricostruire insieme il percorso che ha portato a questo successo.
Richard in conferenza stampa ha raccontato che non sapeva chi fosse più teso fra lui e voi…
«Si ero abbastanza teso perché Berdych giocava contro Raonic, che è allenato da Ivan (Ljubicic, ndr), direi quasi una sfida in famiglia e mi è dispiaciuto vederlo perdere. Per fortuna il match è finito presto, prima della discesa in campo di Richard, così lui ha potuto affrontare abbastanza tranquillamente il suo incontro».
Il Masters era tra gli obiettivi principali della vostra collaborazione sin dall’inizio: quali sono state le tappe fondamentali?
«Quando abbiamo iniziato lui occupava l’undicesima posizione mondiale dopo Wimbledon e, sinceramente, pensavo che potesse raggiungere il Masters già il primo anno, solo che poi ha avuto un infortunio e lo scorso anno ha finito decimo. Penso che quella che abbiamo visto quest’anno sia la sua normalità, lui deve giocare a questi livelli, perché è Gasquet ed ha un potenziale noto a tutti».
C’è qualcosa che Richard ha ‘riscoperto’ in quest’ultimo anno? A livello di gioco o mentale…
«No, ma sta prendendo sempre più coscienza dei suoi mezzi, del suo valore, su chi è Gasquet. Quando arrivi a questo livello sono i risultati che contano e quest’anno ha avuto la controprova delle sue potenzialità raggiungendo determinati traguardi».
Una sua analisi sul Masters della prossima settimana: chi vede favoriti?
«I più pericolosi rimangono Djokovic Nadal e Federer, mentre gli altri rimangono abbastanza abbordabili. Bisogna vedere Richard come sta, quanta energia gli resta, ma soprattutto in quale gruppo gioca. Io ho vissuto l’esperienza del Masters già due volte con Ljubicic, ma in quelle occasioni lui non è mai stato troppo fortunato: il primo anno arrivò a Londra con dei risultati decisamente positivi (due vittorie e due finali, a Madrid e a Bercy), ma si trovò nel gruppo con Federer, Nalbandian e Coria; nonostante la vittoria contro quest’ultimo perse 7-6 al terzo da Roger, restando senza energie contro l’argentino. Poi il secondo anno si è trovato di nuovo con Federer, Nalbandian e Roddick e anche se in quell’occasione batté l’argentino non riuscì a superare i primi due. Il sorteggio dei gruppi può pregiudicare il resto: se è fortunato magari capita con Ferrer e con Berdych…»
Un’ultima domanda, per sciogliere la tensione pre-match… (a breve Richard scenderà in campo contro Nadal) lei è attivissimo su Twitter, cos’è che l’ha conquistata?
«Mi piace perché riesco a relazionarmi con diverse persone e a scambiare pareri di vario genere. Credo che in generale sia un bene per il tennis, perché in questo modo abbiamo la possibilità di condividere il nostro quotidiano e le nostre emozioni con gli appassionati (quasi) senza filtro».
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