La tarantina è sempre lì ad un passo, ma non riesce ad entrare nell’Olimpo del tennis del circuito Wta.
di Lorenza Paolucci
C’è una linea sottile che separa il gotha del tennis dal resto del mondo, l’olimpo della top ten ti consacra tra i primi dieci giocatori più forti ed anche se può sembrare banale essere n.10 e n.11 non è una differenza da poco, di un solo gradino ma qualcosa di più.
Spesso può fare da spartiacque tra fuoriclasse e campioni, tra campioni e buoni giocatori, o semplicemente tra chi ha saputo cogliere l’attimo fuggente e chi meno. Il 10 è il numero che rappresenta il massimo dei voti, nel calcio simboleggia il giocatore più fantasioso, quello in grado di far fare alla propria squadra il salto di qualità, ed anche nel tennis sedere su quella poltrona significa essere re o regine, può essere il coronamento di un sogno ma anche il punto di partenza dal quale cominciare per scrivere la storia.
Il ranking mondiale quando si parla di tennis si sà va preso con le pinze. Alcune volte può essere bugiardo, specie se si tiene conto delle attuali regole che sottraggono i punti guadagnati nell’anno precedente a quelli attuali, metodologia che spesso non permette di dare il giusto valore alle vittorie ed alle sconfitte in corso.
Altre volte invece le classifiche rispecchiano appieno la distanza tecnica tra un tennista e l’altro, od anche il rendimento attuale di ciascuno di essi. Nel tennis infatti l’andamento della classifica mondiale può essere anche uno specchio perfetto, dove magari si può non scorgere appieno il talento nascosto od incompreso di tanti, ma sicuramente si può vedere il lato più nitido del carattere e della carriera di un tennista. E’ capitato, capita e capiterà ancora di trovarsi in posizioni di vertice giocatori meno talentuosi di altri che al contrario faticano a conquistare posti che dato il loro braccio d’oro meriterebbero. Ma non c’è nessuna ingiustizia, nulla come la classifica ATP e WTA sa premiare la costanza, l’opportunismo, e qualche volta anche la fortuna con la quale molti tennisti sono maestri nel colmare il gap con i propri rivali. Ed anche questo significa essere campioni.
Per insinuarsi nella top ten ed ammirare da vicino i più forti del mondo, che sia per poche settimane o per lungo tempo c’è bisogno di qualcosa in più che l’avere colpi appunto da primi dieci.
In Italia aspettiamo un top ten tra i ragazzi da quasi quarant’anni e in tanti dicono che se il nostro tennista più talentuoso, Fabio Fognini, vuole provare ad entrare in quel tempio dorato deve imparare ad avere la stoffa del campione.
Tra le donne dopo averla sfiorata per diverse volte con Silvia Farina e Francesca Schiavone fermatesi alla posizione n.11 (la Schiavone poi vi entrò nel 2010 dopo la vittoria del Roland Garros), l’abbiamo finalmente conquistata con Flavia Pennetta nel 2009, risultato che aprì un nuova epoca del nostro tennis in gonnella, riportandolo agli onori della cronaca.
Ad emulare i risultati di Flavia, che sono stati poi anche di Francesca Schiavone e Sara Errani, sta provando Roberta Vinci che questa primavera ha raggiunto il suo best ranking, n.11 wta, facendoci assaporare il preludio di una nuova storica impresa. Peccato però che la tarantina stia faticando a sorpassare la fatidica soglia ed essere così la quarta italiana di sempre ad infilarsi tra le prime dieci del mondo.
Il treno per l’olimpo è forse passato quest’estate, prima a Cincinnati, dove Roberta ha ceduto malamente ad Jelena Jankovic, e poi a New York, dove brava a difendere i quarti dello scordo anno, ha perso contro l’amica Flavia Pennetta, vedendo sfumare top ten e semifinale slam. Sconfitte queste che ci possono anche stare, soprattutto quella con Flavia che a Flushing Meadows sembrava imbattibile, ma certe partite vanno vinte se vuoi essere tra le più forti. E’ questo che fa la differenza tra chi entra nella “hit parade” del tennis e chi ne resta ai piedi, n.11 e n.10 rappresentano una distanza minima ma enorme quanto piccolo ma importante è il guizzo che ci vuole per scavalcare l’ostacolo che divide il purgatorio della top 20 dal paradiso della top ten.
A Roberta forse sta mancando tutto questo, quello che invece hanno avuto le sue compagne di Fed Cup. La Vinci non sta avendo la fame e la costanza ortodossa di Sara, che non sarebbe necessaria se solo avesse la capacità mostrata da Flavia e Francesca di battere le fuoriclassi del circuito. E’ da questo si vede che il ranking mondiale è più meritocratico di quanto spesso ci sembri, nell’olimpo del tennis accede solo chi ai grandi del tennis sa fare paura e ci resta solo chi ha la continuità per rimanerne aggrappato.
Per Roberta Vinci ora la strada sembra farsi più difficile, in ogni caso facciamo il tifo per lei affinchè riesca a realizzare questo sogno, altrimenti potremo dire che le è mancato quel qualcosa in più di tanto sottile quanto determinante come la differenza tra n.10 e n.11.
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