Cronistoria del rapporto Federer-allenatori: da dodici anni sempre voglia di rinnovamento, poche scelte infelici, mai irrazionali. Chi potrebbe essere il prossimo? E ci sarà un prossimo?
In principio fu Peter Carter, giovane coach australiano che allenava i promettenti tennisti svizzeri adolescenti nell’accademia di Ecublens, nella quale un dodicenne Roger Federer si trasferì per inseguire il suo sogno, rinunciando al quotidiano focolaio familiare e imparando in fretta e furia una lingua a lui sconosciuta.
Peter Carter divenne in fretta il padre putativo di un giovane inquieto e talentuosissimo svizzero-tedesco di madre sudafricana, che ricercava la perfezione e non si dava pace per non trovarla immediatamente. L’australiano collaborò con Federer fino ai 17 anni, quando poi Roger si avvalse dei consigli di Peter Lundgren: non poteva permettersi due allenatori allora però, e decise, non senza dispiacersi e soffrirne, un anno dopo, di scegliere Lundgren. I due continuarono a sentirsi spesso: nel 2002 Carter decise di fare un viaggio in Sudafrica per festeggiare la guarigione della moglie dal cancro e trovò la morte in un incidente stradale mentre andava a trovarla. Federer subì uno shock non indifferente, tornò a casa e andò al funerale e per qualche settimana non riuscì a toccare racchetta. Da lì poi partì la sua maturazione come giocatore e anche come uomo.
Da juniores a professionista vincente: Peter Lundgren
Lundgren, dicevamo: l’allenatore probabilmente più importante di Roger Federer. Riuscì a potenziarne tutti i punti deboli, compresi quelli mentali; il rovescio divenne molto più completo, potenziato sia a livello di topspin che backspin. Insieme a Pierre Paganini (storico e attuale trainer dello svizzero) mise a punto un piano triennale che avrebbe portato il giovane Federer a sviluppare un footwork tale da riuscire a sfruttare il talento purissimo con un timing perfetto che permette di colpire come lui sa. Alla fine del 2003, dopo che Federer aveva raggiunto molti di quei traguardi prefissi, vincendo Wimbledon e il Master di fine anno, entrambi decisero di porre fine alla loro collaborazione, essendosi esauriti gli stimoli. Federer rimase poi un intero anno senza coach (il 2004) nel quale divenne numero uno del mondo e vinse, tra le molte altre cose, anche tre Slam su quattro.
Tony Roche, gli anni del dominio e la burrascosa fine
Federer e l’Australia hanno sempre avuto un affiatatissimo rapporto: quando era molto piccolo avrebbe addirittura avuto la possibilità di trasferircisi; un’offerta di lavoro a suo padre (tecnico di laboratorio chimico) arrivò proprio da Sidney. Alla fine Robert declinò e la famiglia continuò a vivere in Svizzera.
Nel dicembre del 2004 Federer sentì comunque di aver bisogno di nuove idee e di persone valide da aggiungere al suo team e a inizio 2005 contattò Tony Roche, ex tennista australiano e già coach, tra gli altri, di Ivan Lendl. Roche ebbe il merito di spingere Federer verso un gioco più aggressivo e potente, migliorandone soprattutto la volé di rovescio e il rovescio in generale. La loro collaborazione durò due anni e qualche mese, fino a quando il 12 Maggio del 2007 lo svizzerò ne annunciò la fine per imprecisati motivi personali. Ci sono molte speculazioni e storielle a riguardo ma poi i due si sono comunque chiariti e sono stati spesso avvistati a parlare amabilmente insieme, sia in occasione della Coppa Davis a Sidney nel 2011 che nel 2013 a Melbourne.
L’incomprensibile scelta Higueras
Quando nel 2008, a ridosso della stagione su terra, Roger annunciò la collaborazione con José Higueras, tutti rimasero sorpresi; diciamola tutta: sconcertati. Higueras, pallettaro purosangue, che allena Federer, allora in crisi causa mononucleosi. Più tardi si verrà a sapere che il consiglio era arrivato da Mary-Joe Fernandez, che oltre ad essere capitano di Fed Cup statunitense è anche la moglie di Tony Godsick, agente di Federer ormai da più di otto anni. Higueras vinse comunque uno Slam con Roger, l’US Open 2008: venne poi ringraziato e rispedito al mittente a fine anno.
2010: inizia l’era Annacone
Altro anno senza allenatore: il 2009 però è una stagione clamorosa, con doppietta Roland Garros-Wimbledon, paternità, matrimonio e ritorno al numero uno. Nel 2010 (in primavera), Federer annuncia di avere assunto Annacone come allenatore, che allora lavorava per la USTA e lasciò quell’incarico per seguire lo svizzero. L’impatto del coach americano fu evidentissimo e da subito: più anticipo, più rete. Federer giocò una grande stagione autunnale che lo portò a vincere il quinto Master battendo in finale Rafa Nadal. Insieme hanno rivinto Wimbledon e Roger è tornato numero 1 e questi erano gli obiettivi, come specificato dallo stesso Federer nella nota con la quale qualche giorno fa ha annunciato la fine della collaborazione, spendendo parole di elogio e affetto per Paul che ha immediatamente ricambiato su twitter, definendo Roger Federer e il suo team persone migliori e celebrando l’esperienza terminata e aggiungendo: «La grandezza non si esaurisce mai. Quelli come Roger sono fenomeni, sono atipici, non puoi aspettarti quello che ci si aspetta per gli altri. Se vincerà ancora? Io non ho alcun dubbio, il punto casomai è capire quando. Gli esterni non hanno idea di quanto Roger ami allenarsi e giocare a tennis. E’ una persona intelligente, saprà benissimo quello di cui ha bisogno, deve solo rimettere insieme i pezzi del puzzle».
Il futuro: coach (e chi?) o non coach?
Chi pensa che questa sia una decisione improvvisa e senza alcun senso logico da parte di Federer si sbaglia, perché i fatti sono altri: le parole chiare dello svizzero e il fatto che Annacone, da fine agosto, abbia accettato un lavoro di sviluppo di un programma juniores negli USA, patrocinato da Larry Ellison, che è iniziato a metà settembre. Una decisione presa da tempo, insomma, e da parte di entrambi: semplicemente perché era finita ed entrambi avevano bisogno di stimoli ed esperienze nuove. La domanda che ci si pone è: cosa farà adesso Federer? Innanzitutto, per quanto molti di voi possano trovarlo risibile, Federer un coach ce l’ha già: se non proprio un allenatore, una persona fidata che ha contribuito ai suoi successi sul campo, ed è Severin Luthi, con il quale si accompagna ormai da molti anni; inoltre Federer ha 32 anni e un’esperienza tale da permettergli di conoscere il tennis, le questioni tattiche o tecniche meglio di molti altri. Ma lo stesso svizzero ha spesso affermato di come dia importanza alla presenza di un allenatore, che però non vuole scegliere con fretta e in maniera casuale, giustamente. Se Federer non avesse voluto assumere nessuno e non avesse avuto voglia di rinnovare il proprio ambiente e dunque anche gli stimoli, avrebbe tenuto Annacone, anche part-time, che oltre a una persona fidata è anche un caro amico di famiglia. Federer invece probabilmente un coach lo sta già cercando. Quando arriverà? Questo non ci è dato saperlo ma non escluderei che per un po’ di tempo potrebbe rimanere così, semplificando al massimo le voci nella sua testa e concentrandosi da solo sul proprio gioco per poi avvalersi, in un se
condo momento, di un aiuto. Non per dominare o per vincere ancora tutto, ma per tornare ad essere competitivo e divertirsi in campo.
Chi potrebbe essere? Le varie opzioni:
– Darren Cahill: da sempre accostato a Roger, i due si conoscono molto bene e a fine 2009 lavorarono insieme per un periodo di prova. Vanno molto d’accordo ma il problema fu e rimane uno: Cahill vive a Las Vegas e lì vorrebbe fare allenare Federer che però ha come base Dubai. Se i due potessero venirsi incontro in questo senso, la partnership sarebbe possibile, al di là del discorso Nike-Adidas e degli impegni dell’australiano con la Cirstea, che a quel punto sarebbero comunque superabili.
–Jim Courier: sorpresi? Certo Courier non ha alcuna esperienza come allenatore, se non quella di Capitano di Davis, dal 2010 (contratto che scade nel 2014). Lui e Federer però sono molto amici e Roger si fida molto dei consigli e della professionalità dello statunitense. Dubitiamo sul fatto che Courier lasci la panchina USA prima di fine contratto: in quel caso Federer dovrebbe aspettare fino a 2014 inoltrato.
– Larry Stefanki: sarebbe l’unico libero, al momento lavora per un programma olimpico statunitense, ma niente di non superabile. Ex coach di Roddick, Gonzalez, McEnroe, Kafelnikov, ha forse un unico, piccolo difetto: ha fatto sempre lo stesso tipo di lavoro con tutti i suoi assistiti, trascurando un po’ i loro punti di forza e rendendoli sempre e comunque giocatori a tutto campo. Con Roddick questo fu fin troppo evidente e la cosa degenerò.
– Magnus Norman: è il coach di Wawrinka, sì, ma ancora non hanno prolungato il “periodo di prova” annunciato ad Aprile. A Shanghai lo abbiamo ancora visto sulla panchina di Stan, che lotta per il Master e arriva da grandi risultati. Ex coach di Robin Soderling, ha dimostrato di riuscire a migliorare tutti i giocatori con i quali ha collaborato. Certo sarebbe come “strapparlo” dalle mani di Wawrinka (sebbene non ci sia ancora un vero accordo a lungo termine tra loro), ma Roger con il connazionale condivide anche Pierre Paganini e per diverso tempo Annacone ha dato consigli allo svizzero-francese di Losanna.
Poi ci sono le opzioni più improbabili, sulla carta: la suggestione Edberg, idolo di Federer che però è da sempre poco incline a decisioni poco razionali in questo senso; e Brad Gilbert, che stima ma con il quale non ha nulla in comune, nemmeno il temperamento.
In definitiva: la scelta di Federer riguardo la fine delle collaborazioni e l’inizio di nuove non è mai stato niente di improvviso e casuale, e non lo è nemmeno questa volta. Cambiare è semplicemente necessario.
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