Nel giro di un paio di giorni, per uno strano scherzo del destino, sia David Nalbandian sia Xavier Malisse hanno abbandonato il tennis professionistico. Diverse le nazionalità, le carriere, le motivazioni alla base del ritiro, ma un importante evento in comune: la semifinale di Wimbledon 2002, che li vide uno di fronte all’altro per cinque set rimasti nella memoria di tanti. Una sfida inattesa a quel punto del torneo, con i due protagonisti (vent’anni Nalba, non ancora ventidue Xavier) ancora nei panni di giovani speranze.
Nalbandian si affacciò a Church Road, per la sua prima partecipazione in assoluto al torneo dei grandi, da numero 32 del mondo. Di lui, all’epoca, c’era chi parlava come di un piccolo Borg, una sorta di robot della racchetta sempre pronto a imbrigliare gli avversari nella sua tela inestricabile, meglio se sul rosso, ma presto sarebbe stato chiaro che stile e carattere dell’argentino erano ben diversi da quelli dell’Orso svedese. All’esordio lasciò un set allo spagnolo David Sanchez; poi si impose in tre parziali lottati sul francese Paul-Henri Mathieu, prima di spazzare via l’elvetico George Bastl, che al turno precedente aveva sancito il definitivo addio di Pete Sampras al suo trono londinese. Negli ottavi battagliò con l’australiano Wayne Arthurs riuscendo a evitare di andare al quinto grazie a un 9-7 nel tie-break del quarto. Il set decisivo fu invece necessario per avere la meglio sull’ecuadoriano Nicolas Lapentti, il giocatore di più alta classifica da lui incontrato, con il suo numero 27.
Nel frattempo, Malisse, che nel ranking della vigilia figurava in 35esima posizione, percorse un cammino senza dubbio più complicato. Dopo le facili affermazioni sullo spagnolo Galo Blanco e sullo statunitense Vincent Spadea, il belga, già considerato un piccolo genio ribelle, eliminò al terzo round il numero 6 ATP (ed ex n. 1) Yevgeny Kafelnikov. Poi si trovò davanti uno dei beniamini di casa, Greg Rusedski, riuscendo a spuntarla in cinque set, dopo essere stato indietro per due set a uno. Ma fu nei quarti che Xavier realizzò il suo capolavoro, prevalendo per 97 al quinto sul campione del 1996 Richard Krajicek, nell’occasione artefice di un eccellente rientro alle gare.
Ed ecco l’incrocio in semifinale: Nalbandian vs Malisse, talenti emergenti a confronto. Due ragazzini, uno con i capelli corti e l’aria da bravo figliolo (a volte l’apparenza inganna…), l’altro con un ampio codino, a volte trasformato in chignon. La sfida partì in ritardo per la pioggia e fu dunque spostata sul Court 1, mentre sul centrale l’idolo oxfordiano Tim Henman, opposto a Lleyton Hewitt, tentava invano di approdare finalmente al match clou del torneo dei suoi sogni. Il primo set fu caratterizzato da grande equilibrio: il belga servì inutilmente sul 5-4, ma fu il sudamericano a spuntarla grazie a un tie-break quasi perfetto, chiuso sul 7-2 dopo essersi involato sul 6-0. Qui si verificò un problema imprevisto per Xavier, colpito da tachicardia per l’eccessiva agitazione. Il cuore del belga cominciò a pompare a mille, costringendolo a fermarsi sul seggiolino e poi a uscire dal campo. Il medico del torneo, già intervenuto una prima volta a metà set, si precipitò ad aiutarlo e, dopo momenti interminabili di forte tensione che attanagliò gli spettatori, Malisse decise di riprendere, andando contro il parere clinico.
Nel secondo set fu ancora David a imporsi, con un autorevole 64 dopo un’interruzione per il maltempo. Improvvisa, però, poco dopo, giunse la riscossa belga. Il ragazzo originario di Kortrijk, finalmente a suo agio in una situazione tanto complessa ed emozionante, divenne letteralmente ingiocabile per due set: 61 62, e via al quinto. L’inerzia del confronto sembrava essersi spostata dalla sua parte, ma il belga ebbe la sfortuna di vedere la frazione decisiva rinviata al giorno dopo a causa dell’inesorabile avanzare del buio.
Alla ripresa, l’indomani, Malisse appariva comunque leggermente favorito, ma, dopo essersi trovato avanti per 2-1 e servizio, non conquistò più un game. L’attimo fuggente era passato. Fu il più solido Nalbandian a qualificarsi per la finale, dove, però, pagò in modo pesante l’inesperienza, raccogliendo appena sei giochi con l’allora numero uno del mondo Lleyton Hewitt.
Per entrambi si presumeva che quello fosse solo l’inizio, che altri grandi traguardi sarebbero stati alla loro portata, e invece sia per David sia per Xavier quei Champioships restarono l’apice della carriera, almeno a livello Slam. L’argentino si tolse comunque in seguito parecchie grosse soddisfazioni, su tutte il Masters 2005 strappato con i denti a Roger Federer, ma nei Major non si spinse più così avanti (non si può comunque non menzionare la semi degli US Open del 2003, in cui mancò un matchpoint con il futuro trionfatore Andy Roddick). Nalbandian è stato numero 3 del mondo nel marzo del 2006, mentre Malisse non è mai andato oltre il 19esimo gradino, toccato proprio nell’agosto successivo a quell’inattesa cavalcata ai Championships. Di loro si potrà parlare come di fuoriclasse incompiuti, ma quel che è certo è che, quando le congiunzioni astrali li hanno indotti ad alzarsi con il piede giusto, ci hanno regalato momenti di spettacolo indimenticabile.
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