Il ritiro di Marin Cilic da Wimbledon, e l’accettare una sospensione volontaria dopo essere risultato positivo al test antidoping, faceva parte del piano di ‘copertura’ per evitare “pubblicità negativa”. E’ quanto sostiene il tribunale anti-doping dell’Itf, come riporta l’edizione online del Telegraph.
In pratica il 24enne croato, già trovato positivo alla nikethamide al torneo di Monaco, una volta ricevuta la notizia di aver fallito il test, il 26 giungo avrebbe accettato – su suggerimento dei suoi avvocati – di autosospendersi in attesa della decisione finale dell’Itf sul suo caso. Così Cilic, che aveva appena fatto finale al Queen’s ed era testa di serie numero 10 ai Championhisp, diede forfait ancor prima di scendere in campo per il secondo turno menzionando un fantomatico infortunio al ginocchio. Il tutto per evitare “pubblicità negativa”.
Il tribunale – continua ancora il Telegraph – ha poi riferito che nel foglietto illustrativo delle barrette assunte da Cilic (e comprate a Montecarlo), era riportato un avvertimento per gli atleti, che avrebbero potuto risultare positivi ad un test antidoping. Ma Marin ha replicato di non capire bene il francese.
Il croato – sostiene il tribunale – avrebbe potuto in ogni caso controllare su internet, visto che “la scatola del prodotto riportava sul fronte la parola ‘Coramine’ in lettere maiuscole, e l’operazione gli avrebbe portato via solo pochi minuti”.
I giudici hanno anche compreso il fatto che il tennista in quel periodo sarebbe stato sotto stress a causa del rapporto teso tra i suoi genitori e il suo allenatore Bob Brett, senza però considerarlo un fattore determinante dal momento che gli sportivi sono spesso sotto stress.
Infine il tribunale ha tenuto conto del fatto che Cilic non avrebbe ingerito la sostanza con l’intenzione di migliorare le proprie prestazioni, e che l’infrazione “non è delle più gravi”, ma gli hanno comunque inflitto una squalifica di 9 mesi. Decisione contro cui il croato ha già annunciato di voler ricorrere.
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