Questa settimana di calma prima della tempesta degli Us Open, è estremamente utile per analizzare, riflettere e tirare le somme su quanto accaduto dopo Wimbledon. Tra la crisi di Nole, la dittatura di Nadal e la tanto travagliata quanto altalenante situazione di Federer, è passato inosservato chi, alla fine, è andato peggio di tutti tra i primi della classe. Si tratta di Andy Murray.
Lo scozzese si apprestava ad intraprendere la trasferta sul cemento americano da uomo più atteso dopo l’epico successo sui sacri prati di Church Road, ed è doveroso dire che è stato, invece, quello che più di tutti ha deluso. Sì, perché se perdere da Gulbis alla prima uscita in Canada ci può anche stare, farsi annientare tatticamente e tecnicamente a Cincinnati la settimana dopo da Berdych non può essere accettabile per chi ambisce come Murray ad arrivare al vertice.
Non sarà mica diventato un giocatore da Slam? Questo è il dubbio che molti appassionati ed addetti ai lavori si stanno ponendo in questi giorni di riflessione. Dubbio che pare quanto mai legittimo se si vanno a scorgere i risultati di Andy in questo 2013. Una sola vittoria “pesante” fuori dagli Slam arrivata nel 1000 di Miami ottenuta, peraltro, senza dover affrontare grandissimi nomi. Oltre a questa il nulla o quasi, con una disastrosa stagione su terra battuta ed un’altrettanto deludente campagna americana.
Negli Slam, invece, la musica cambia radicalmente: negli ultimi tre appuntamenti ai quali ha preso parte il ragazzone di Dunblane è stato capace di centrare due vittorie (Us Open ’12 e Wimbledon ’13) ed una finale in Australia a gennaio, un ruolino di marcia eccelso. Si sarà mica trasformato davvero? Le risposte molto probabilmente arriveranno da Flushing Maedows dove, almeno alla vigilia, si prospetta una sfida a tre per il titolo con Djokovic in cerca disperata di riscatto e Rafa considerato all’unanimità l’uomo da battere.
Tornando al discorso Murray, quest’ultimo ha dichiarato in un’intervista post Wimbledon di essere poco interessato in questo momento al titolo di numero uno del mondo, quanto piuttosto brama di trionfare in altre prove dello Slam. La storia moderna del tennis, però, ci insegna che il livello della competizione tra i migliori si è alzato a dismisura ed ora occorre essere al massimo praticamente ogni settimana dell’anno così come hanno mostrato Federer, Nadal ed, in parte, Djokovic nell’ultima decade.
Al momento Murray si concede troppe sconfitte ingiustificabili. Sia ben chiaro, i tornei dello Slam restano gli appuntamenti più importanti, ma per essere il migliore non sono sufficienti.
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