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Swiatek: “Ho ricevuto supporto da tante. Dura paragonare me con Sinner o Halep”

Iga Swiatek è stata protagonista di intervista con Anita Werner a ‘Fakty po Faktach” (Il fatto dopo i fatti), programma televisivo con un format che in Italia è abbastanza simile al “5 minuti” di Bruno Vespa su Rai 1 appena dopo il telegiornale. Era la prima volta per la polacca da quando ha rivelato la propria versione dei fatti per la positività alla trimetazidina contenuta per errore, secondo il tribunale che ha giudicato il caso, in una fiala di melatonina.

La numero 2 del mondo è stata abbastanza fortunata, e tra le righe lo ha anche ammesso, nel trovare con buon tempismo l’origine del problema in un test avvenuto poco dopo essere arrivata negli Stati Uniti a metà agosto e avere, alle 3 di notte, ingerito della melatonina per cercare di aiutarsi a prendere sonno. Ha raccontato molto dei primi momenti, dalla lettura della mail al disgusto che ha avuto nei primi giorni in cui ha potuto tornare ad allenarsi, e di come sia stata la sua visione degli eventi.

Sorpresa totale

“La mia reazione è stata molto violenta. Un misto di incomprensione e panico. Tantissimi pianti. Ricordo di questa mail: riceviamo mail con notifiche e aggiornamenti quando ci son delle comunicazioni, l’ho aperta convinta fosse una informazione per i tennisti ricevuta in automatico, ma stavolta era molto più seria. Non sono riuscita ad arrivare alla fine, ero già scoppiata in lacrime. I miei manager han detto che la reazione era quella di chi aveva appena visto morire qualcuno, o aveva avuto un grave problema di salute. Sono grata non fossi da sola. Ho dato il telefono a qualcuno, ho pensato fosse un errore. Non capivo davvero cosa stesse accadendo. Il nome della sostanza era completamente nuovo per me, non ho mai sentito di quella, dell’origine. Non pensavo granché, ero solo sommersa dalle emozioni”.

“Non significant fault” o “not guilty”

La lettera ricevuta il 12 settembre, di fatto, l’ha tenuta fuori dal circuito per tutta la tourneé asiatica. Doveva partecipare al WTA 500 di Seoul e i WTA 1000 di Pechino e Wuhan, ma la sospensione le ha impedito di muoversi anche per ragioni di tempo: il 22 settembre otteneva il ricorso in appello ma era ovviamente tardi per Pechino, dove rinunciava citando solo “motivi personali”, e anche per Wuhan fu una questione di giorni visto che vinceva il ricorso contro la sospensione proprio al limite (il 4 ottobre) dell’ultimo momento utile per presentarsi.

In tutto ciò, il 28 novembre Iga ha finito per accettare il verdetto del tribunale indipendente istituito dalla ITIA: un mese di stop, con i giorni che partivano dal momento della sospensione (il 12 settembre) fino alla sua fine (il 4 ottobre) e i rimanenti che si sarebbero protratti dal 28 novembre fino al 4 dicembre. Il tribunale ha riconosciuto la contaminazione del prodotto, con il LEK-AM Melatonin 1mg che non ha nel bugiardino la sostanza che ha fatto scattare la positività al test e l’azienda farmaceutica stessa che pur avendo ogni timbro da parte dell’Unione Europea in merito ai controlli sulla sua produzione non ha rinnegato che possa esserci una minima probabilità che una quantità pur in forma infinitesimale possa essere entrata nel prodotto.

Non è innocenza completa, come nel caso di Jannik Sinner, ma Swiatek ne è uscita levandosi un enorme peso dalle spalle. E, come dicevamo, lei stessa si è pressoché detta molto fortunata perché: aveva ancora una fiala di quel pacchetto che ha potuto far testare nel laboratorio di Salt Lake City, in Utah, per dimostrare l’origine e la contaminazione: “Preferirei dire ‘non colpevole’, ma ammetto che per me sia solo questione burocratica. Per me la cosa migliore è che sia in grado di prepararmi alla prossima stagione senza alcun pensiero, concentrandomi sul gioco. Quando mi hanno comunicato che sarebbe tutto finito nel giro di una settimana, ho accettato il verdetto senza pensarci troppo. L’aver ricevuto questa punizione è una formalità. Loro hanno seguito le loro regole, anche perché non c’era una persona sola a giudicarmi ma ci sono state tutte delle procedure da seguire e anche questa decisione del mese di stop è stata dettata, appunto, da procedure”.

Swiatek ha poi continuato facendo riferimento alle discussioni che si sono succedute sulla rapidità con cui il suo caso si è risolto, facendo anche riferimento alle parole di Simona Halep che ha espresso enorme malcontento per quello che di contro ha dovuto subire lei: “So che in questi casi le persone cercano di fare paragoni tra queste situazioni con altre che sono già avvenute, ma la verità è che ognuno di questi casi è diverso. E il processo per provare la propria innocenza è allo stesso modo diverso. È dura fare paragoni tra il mio caso, quello di Sinner, di Halep, o di Majchrzak (tennista polacco che ha vissuto un’odissea giudiziaria per un altro caso di positività al doping), perché ognuno di noi ha a che fare con un problema diverso. Questa per me è più una questione per la ITIA che per i giocatori. Il mio destino, come quello degli altri, è nelle loro mani e sono loro che decidono come valutare ciascun caso. Io voglio credere che questo processo sia onesto e oggettivo, che ogni caso venga trattato secondo i regolamenti e che nessuno possa trattare un giocatore o una giocatrice in base alla sua posizione. Ma se mai dovesse essere così, sarebbe comunque una questione a cui a rispondere deve essere la ITIA”.

I costi per provare la sua versione

Swiatek ha ammesso, a un certo punto, come tutte le analisi fatte, tra cui quella forse più importante nella sua difesa ovvero il test del capello a Parigi, siano costati qualcosa come 15.000 euro e come sia stata fortunata ad aver avuto subito molte persone che abbiano cercato di aiutarla; “Il fatto che ho questa posizione sicuramente mi ha persomesso di radunare persone attorno a me che immediatamente, appena ho scoperto la notizia, hanno cercato di tutto per aiutarmi. Poche ore dopo che ho letto quella mail, ci siamo trovati per una lunga conversazione su come poterci muovere. Ho scelto un avvocato negli Stati Uniti, specializzato in questi casi. Il fatto che avevo già guadagnato molto e potevo spenderli nella mia difesa, senza battere ciglio, mi ha decisamente aiutato. So che molti non hanno questa opportunità e penso che questo sia qualcosa che possa anche trattenerli, perché io ho potuto invece pagare tutte le spese. 70.000 dollari per l’avvocato e circa 15.000 euro per i test medici e pareri di esperti. Oltre a questo, mi è stato revocato il prize money del torneo di Cincinnati ma in quel momento non mi importava assolutamente. La cosa a cui tenevo di più era dimostrare la mia innocenza. Vi sto dicendo la quota più o meno esatta così che ci sia anche la percezione di cosa voglia dire a livello economico, e perché non è facile per chi non guadagna certe cifre in campo”.

La reazione dell’ambiente

Sulla reazione delle colleghe, soprattutto, Swiatek ha riferito: “Senza dubbio, ho ricevuto più segnali di supporto, in particolar modo con messaggi privati. Ho parlato con molte atlete e tante di loro mi han detto che quanto mi sia accaduto (essere vittima di un farmaco contaminato) è forse la loro paura più grande. Mi hanno chiesto cosa avrei fatto, quando all’inizio nessuno aveva praticamente letto la sentenza molti mi hanno chiesto che farmaco fosse, da dove provenisse la melatonina. Ho sentito supporto e comprensione da loro, e mi è parso che molte siano a conoscenza che questo possa capitare anche a loro. Ma sì, ci sono anche eccezioni. All’inizio il mio problema unico era dimostrare la mia innocenza. Una volta fatto, ero più che altro preoccupata della reazione del pubblico e che cosa le persone potessero pensare quando avrebbero letto il mio nome. Spero che malgrado tutto loro, come me, possano mettersi tutto alle spalle”.

Orrore, enorme delusione e disgusto

I primi momenti alla ripresa degli allenamenti, a ottobre, sono stati complicati: “Orrore ed enorme delusione, questi sono stati i primi sentimenti che ho provato. All’inizio pensavo che tutto ciò capitasse a me perché giovano a tennis. E andare in campo in quei momenti era doloroso. Se non fosse stato per il mio sparring partner, Tomasz Moczek, che all’inizio faceva con me gli stessi allenamenti che si fanno coi bambini, cioè semplicemente farmi divertire in campo, penso che non mi sarei mai rimessa. La verità è che amo giocare a tennis, ma non abbastanza da sacrificare il mio onore e i miei valori. Qui io ero in una situazione dove improvvisamente le persone potevano giudicarmi negativamente per quanto accaduto. Non avevo alcuna influenza su questo, ed ero lì solo perché ero un’atleta. Ho dovuto sforzarmi parecchio all’inizio per ritrovare piacere nel tennis. Ricordo poi come nella prima partita che stavo giocando, a Riyad, ho avuto per la testa tutti i titoli e opinioni su di me di quel periodo, che fossi finita, e che se avessi perso sarebbero pure aumentati”.

Diego Barbiani

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Tags: Iga Swiatek

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