C’è Roman Safiullin nella mattinata di Pechino, lontana undici ore di aereo dall’Italia, e sei di fuso orario. Si va in campo, anche oggi. Due ore per non pensare a niente, gli dicono per aiutarlo.
Ma chi ce la fa a ripulire del tutto la propria mente? Esiste un panno bianco, magari uno strofinaccio, per renderla di nuovo candida come quella di un bambino? L’immagine di Sinner bambino è quella di un ragazzino sugli sci, capelli rossi al vento. Andrea Petkovic, semifinalista a Parigi 2014 oggi commentatrice in tivù, dice che Jannik è il tennista sciatore più evoluto che si sia mai visto, ha un equilibrio da slalomista e prepara i colpi leggermente piegato in avanti, come si fa prima di affrontare un paletto. Lo sci non permette errori, il tennis invece li sopporta, offre nuove chance, c’è modo di correggersi. È stato il motivo che gli ha fatto preferire la racchetta alle piste innevate. Oggi JS è costretto a misurarsi ogni giorno, da sei mesi, con una domanda della quale non è facile comprendere il senso. Perché devo pagare un errore, se quell’errore non sono stato io a commetterlo? «Sono deluso di sentire che la WADA ha scelto di fare ricorso dopo che i giudici indipendenti mi hanno scagionato e ritenuto innocente», comincia così il comunicato consegnato ieri ai media da Jannik.
Anche Safiullin è un tennista sciatore, ma senza montagne d’intorno. Nasce a Podolsk, nell’Oblast’ moscovita, 43 chilometri a sud della capitale, diventata città per volere di Caterina la Grande, che vi costruì un palazzo per sé e uno interamente di ghiaccio per gli amanti che si comportavano male. «Roman è un giocatore incredibile», dice Sinner, «sa fare di tutto, con semplicità». Gli sta simpatico. Un altro della pattuglia dei russi che la guerra non l’ha mai voluta, e per questo gli hanno tolto la bandiera, quasi che essere nato in Russia comporti una responsabilità personale nei confronti di chi ha deciso di mettere a soqquadro il mondo. Quella stessa responsabilità per i comportamenti altrui (dello staff) che oggi obbliga Sinner a sentirsi stretto tra le murate gelide di un palazzo di ghiaccio. La Wada è una zarina cattiva? E lui, di quale colpa si è macchiato? Non è uomo da sotterfugi, l’ha dimostrato tante volte. Anche in amore. I baci che svolazzano felici dopo ogni vittoria, tra lui e Anna, non hanno protezione alcuna, sono naturali, divertiti, partecipati, e puntualmente colti da mille telecamere spianate. Ma per vincere, non è più come prima, non basta andare in campo e fare quello che gli altri non sanno fare. Occorre rimuovere quelle mura di ghiaccio armato, misto ai cattivi pensieri che inevitabilmente affollano la mente. Se non si crea un pertugio dal quale sortire per riveder le stelle, non c’è partita che si possa condurre in porto. Lor signori vogliono così? È giusto che Sinner continui a sentirsi un tennista in punizione?
Lo tengono in un contenitore sotto spirito, come le ossa di un animale del Giurassico. In bella mostra. Gli serve così… Chissà se fra i pensieri ricorrenti di Jannik, da molti mesi a questa parte, vi sia anche questo… A che cosa serve, a chi serve, accanirsi contro uno evidentemente innocente? E se fossi diventato l’ostaggio di una battaglia più importante, nella quale ci si batte per la supremazia di un’agenzia anti-doping sull’altra? Utile solo per il suo numero uno, che dà pubblicità alla disputa?
«Negli ultimi due mesi», prosegue il comunicato, «e durante questo processo ci sono state tre separate udienze a confermare la mia innocenza. Mesi di testimonianze e investigazioni culminati in tre giudici anziani a controllare ogni dettaglio tramite un’udienza formale. Hanno emesso un giudizio approfondito spiegando perché hanno determinato che non avessi colpa. Sulla base di un processo così robusto sia l’ITIA che l’autorità Italiana anti-doping hanno rinunciato ai loro diritti a fare ricorso».
La risposta è vincere, questo Jannik lo sa. Rimuovere ogni benedetto giorno quel muro di ghiaccio, uscire dal contenitore dopo lo vorrebbero sotto spirito, e faticare due volte per portare a casa il risultato. Non essere mai un numero uno acquiescente con i burocrati, e dimostrare di giorno in giorno che cosa significa essere, sul campo, un vero numero uno. Sinner ha saputo il 26 settembre della decisione della Wada, e subito ha scatenato i suoi avvocati, poche ore dopo la richiesta di un verdetto del Tas, il Tribunale Arbitrale Sportivo di Losanna, era già stata consegnata. Pare che prima del 18 dicembre non ci sarà spazio e modo per dibattere la questione Sinner. Non sarà facile per Jannik… Ma avrà altri due mesi per pensare un po’ di più al suo tennis.
La strada è questa. Non accettare compromessi. Rendere la vita complicata anche a chi gliela sta rendendo impossibile. No, non è facile… Non è lo per niente. Jannik ha sofferto anche contro Safiullin, ha perso il primo set, ma ha reagito con l’orgoglio che ha dimostrato in tutti questi mesi. Ha ripreso in mano il match e l’ha condotto in porto. Vittoria numero 57, solo 5 le sconfitte, e la serie di successi consecutivi sale a 13. Gli hanno consegnato il dispositivo Wada due giorni fa, e lui ha risposto con due vittorie, malgrado in ogni primo set sia stato costretto a rompere quel maledetto muro di ghiaccio.
Vittima sacrificale di un’invidia sociale. Chissà se gioiscono oggi i colleghi che hanno mosso eccezioni alla “non condanna” di Sinner, invece di valutare le buone indicazioni che vengono dalla sua vicenda. Creare un ufficio antidoping, per esempio, con buoni avvocati che aiutino tutti i tennisti sotto accusa. No, più facile lanciare accuse.
«Io capisco che queste cose debbano essere accuratamente investigate per mantenere l’integrità dello sport che amiamo. Ciononostante, è difficile capire cosa si otterrà a interrogare un’altra diversa serie di tre giudici per guardare gli stessi fatti e documentazioni. Detto questo, non ho niente da nascondere, e così come ho fatto durante l’estate, collaborerò completamente con il processo di appello e fornirò qualsiasi cosa possa servire per provare nuovamente la mia innocenza». Si chiude così il comunicato di Sinner.
Dall’inizio della vicenda doping, nel marzo scorso, Jannik Sinner ha vinto US Open, due Masters 1000 (Miami e Cincinnati), e il torneo di Halle. In più ha combattuto la battaglia sul fronte doping, quella con il personale stato d’animo, e con gli infortuni. Se questa vicenda servirà a rafforzarlo, finirà per diventare imbattibile.
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