Si dice che l’oro sia un metallo prezioso perché fa sorridere di felicità. Talvolta, e lo stiamo assistendo in questi giorni ai Giochi Olimpici parigini, fa addirittura piangere di felicità. Lacrime incontenibili che sgorgano copiose fino a solcare guance ancora rosse per la competizione appena terminata. Trattenersi è impossibile considerando che la maggior parte degli atleti olimpici gareggia concentrando in una breve prova gli sforzi di intere annate, tutto pur di aggiudicarsi la medaglia più ambita, la medaglia che rappresenta un riconoscimento di carriera universale ed eterno: l’oro olimpico. Si scioglie in un pianto liberatorio scosso dall’emozione anche Novak Djokovic, il campione che aveva vinto tutto tranne l’oro Olimpico e che è riuscito ad agguantare la medaglia d’oro sulla terra rossa del Roland Garros dopo aver sconfitto un avversario eccezionale, cancellato i postumi di un recente infortunio e ignorato i limiti imposti dalla carta d’identità. Inseguiva quell’oro da una vita il serbo, ci ha messo cuore e anima ma alla fine ha vinto lui, a 37 anni. Sono stati necessari due tie-break, quasi tre ore di grande tennis, ma finalmente è arrivato l’ultimo tassello dello straordinario puzzle che compone la carriera leggendaria di Novak. Piange di gioia anche Sara Errani, oro in doppio con Jasmine Paolini, per un risultato che sa di rivincita, di meritata ricompensa per non aver mai mollato. Nell’abbraccio emozionante a fine match tra le due tenniste azzurre, c’è il riscatto che la Errani aspettava da sempre. Questo trionfo per Sara arriva anche per lei a 37 anni, dopo una squalifica, poi archiviata, per doping e numerose difficoltà dentro e fuori dal campo, dalla concorrenza da parte delle più giovani avversarie fino ai recenti commenti misogini che hanno investito la Errani durante la competizione olimpica. Ma l’impossibile prende forma e si materializza in due medaglie d’oro scintillanti come mai prima d’ora, quella di Djokovic e di Errani, fulgide e splendenti. Eppure di oro non c’è solo quello aureo, agognato da tutti gli sportivi. Esiste l’oro nero che esattamente come il petrolio si trasforma da iniziale oggetto prezioso in un materiale inquinante: l’oro nero è abuso del giudizio, totale assenza di misura nell’uso delle parole, mancanza di ascolto e rispetto dell’altro. Oramai non ce ne accorgiamo neppure di quanto trattiamo male il prossimo ogni giorno. Mentre i Giochi Olimpici dispensano medaglie d’oro, il clima in cui la kermesse si sta svolgendo sembra sguazzare nell’oro nero, anche se in questo caso le contestate acque della Senna non c’entrano niente. Oggi il mondo dei social media consente a ognuno di noi di esprimersi e parlare di tutto, di comunicare e commentare, poi però inevitabilmente per qualcuno tutto questo evolve in polemica, violenza e scontro. Giorgia nella sua Oro nero canta “la gente giudica e non sa neanche lei perché”. Proprio come il petrolio, che in natura è una risorsa, se usato male diventa un’arma, un veleno tossico. Per tutte le volte in cui Novak Djokovic è sprofondato in paludi di oro nero, per la dolorosa frustrazione provata da Sara Errani nel vedere ingiustamente macchiata la carriera dall’accusa più infamante per un atleta, adesso è arrivato il momento per questi due Highlanders di festeggiare insieme con la medaglia d’oro al collo il completamento del Career Golden Slam, in un vero e proprio inno alla longevità e alla resilienza. “Dicono di me non sono più com’ero” chissà quante volte i due campioni se lo saranno sentito ripetere questo ritornello, qualche volta sfacciatamente in volto e molte altre dietro le spalle. Oggi dall’alto della loro maturità tennistica mentre risplendono come oro puro possono permettersi di oscurare i pregiudizi e la superficialità con i loro successi, la cattiveria stavolta non può raggiungerli. Stavolta, niente oro nero.
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