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Jannik Sinner e gli amici carissimi

Neppure il tempo di gioire per la vittoria del Master 1000 di Cincinnati, con la pioggia di coriandoli che ancora non si era posata sul campo principale, che l’incredulità e la confusione hanno preso il sopravvento sui festeggiamenti: la notizia della positività al doping del nostro Sinner è esplosa come una bomba lasciandoci attoniti e allarmati. Neppure la contestuale assoluzione da parte dell’Itia è bastata a placare il clamore della vicenda e per il prodigio italiano è stato emesso un implacabile verdetto: colpevole d’innocenza. Scagionato dal Tribunale indipendente per assunzione involontaria ma al contempo privato dei punti e del prize money in nome di una responsabilità oggettiva che prescinde da sua colpa o dolo, Jannik si dichiara finalmente sollevato ora che il caso è emerso e risolto. Così, infatti, hanno sentenziato le carte, ma la nube di sospetto ancora fa fatica a dissiparsi e rischia di continuare a serpeggiare subdolamente. La vetta del ranking ATP rappresenta infatti un richiamo inevitabile sia per la gloria che per il disprezzo, trasformando il nostro atleta in un bersaglio fin troppo facile da colpire. “Ho capito chi mi è davvero amico e chi no” afferma Sinner durante la conferenza stampa che precede l’inizio dello Slam americano. Jannik usa proprio questo termine per distinguere chi si è dimostrato davanti alla spinosa questione un rifugio sicuro o una spiacevole sorpresa. Molti colleghi hanno infatti manifestato il proprio legittimo convincimento, alcuni scagliandosi contro in forte polemica, altri dispensando comprensione. Nella vita, come nello sport, la speranza messa in musica da Cocciante di non venir mai traditi da un caro amico resta spesso delusa. L’agonismo può diventare egoismo, distanza e frattura, nonostante si provi a preservare la lealtà di un rapporto. Ci si trasforma in avversari senza tregua e non sempre dopo essersi mandati reciprocamente all’inferno si ha ancora voglia di restare amici. Di buono c’è che la positività al doping ha avuto di sicuro l’innegabile merito di far comprendere chiaramente al tennista azzurro chi sono i suoi “amici carissimi”. È nei periodi di difficoltà che si svelano i veri volti di chi ci circonda e i sentimenti autentici di chi ci lusinga, come sosteneva Euripide. In effetti i falsi amici sono come le ombre: sempre vicini nei momenti più luminosi, ma finiscono per non vedersi da nessuna parte nelle ore più buie. Tra accusatori ferventi, innocentisti convinti e sostenitori preoccupati del possibile danno d’immagine subìto dall’amato beniamino, il panorama delle opinioni è più che mai variegato. E per un Djokovic sibillino che sposta abilmente il centro della questione invocando “protocolli standardizzati con un agevole accesso alla difesa per tutti i giocatori “, o per un Alcaraz cauto e quasi goffo, arrivano per Jannik gli attestati di stima dei colleghi italiani, Berrettini e Musetti in primis, il sostegno di Alexander Zverev e la difesa di Tony Nadal. Jannik si trova adesso davanti a un bivio importante della sua carriera, costretto ad affrontare una prova che riguarda la sua stessa essenza di campione, i veri valori che lo rappresentano. Negli ultimi mesi l’altoatesino ha dovuto incanalare la sua energia per combattere in silenzio il tumulto personale che lo aveva inghiottito. Adesso che la positività al Clostebol è diventata di pubblico dominio, Jannik deve riuscire a restare concentrato spegnendo il rumore che lo circonda e giocando il suo miglior tennis, non solo per provare a far bene agli US Open ma per dimostrare il suo carattere, la sua capacità di elevarsi al di sopra delle polemiche e delle avversità. Per Jannik sarà il campo a parlare, il suo comportamento e i suoi atteggiamenti chiariranno quello che molti già sostengono ma che per altri non è ancora del tutto convincente. Il tennis giocato sarà la migliore risposta ai tifosi, agli appassionati e agli amici carissimi, quelli defilatisi subito dopo la sentenza dell’Itia, quelli che barattano la correttezza con la convenienza, quelli che però non rimpiangi nel momento in cui ti accorgi che in quell’amicizia l’unico amico eri soltanto tu. 

Annalisa Migliorini

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