Il grande Diego Armando Maradona amava ripetere che il più bello dei suoi trofei era sempre l’ultimo. Con buona probabilità la pensa allo stesso modo anche Matteo Berrettini che a Gstaad ha ritrovato il successo vincendo in Svizzera il secondo torneo ATP dell’anno.
Nel 2018 proprio al Swiss Open Matteo aveva ottenuto il suo primo torneo alzando al cielo il trofeo. Oggi come allora un Berrettini estremamente raggiante ha affermato nell’intervista post partita di aver ritrovato le energie di sei anni fa. In effetti per tornare a sollevare il trofeo svizzero occorrono muscoli ben allenati dal momento che siamo di fronte a un incrocio tra la stele di Rosetta e la mattonella di un ordinato vialetto elvetico. Di trofei bizzarri in giro per i tornei ce ne sono tanti e quello di Gstaad non è neppure il più eccentrico.
Il gusto estetico è soggettivo ma va detto che non sempre salire sul gradino più alto del podio corrisponde alla conquista di un sontuoso trofeo. Tra i premi che hanno fatto più discutere svetta quello toccato a Martina Hingis nel 2001 dopo la vittoria al Qatar Ladies Open: un cavallo, a dorso del quale la campionessa è dovuta uscire dal campo indossando una tunica e un copricapo d’oro. Chissà cosa ha invece pensato Roger Federer quando sempre a Gstaad nel 2003 decidono di celebrare il primo titolo Slam conquistato a Wimbledon regalandogli una mucca. Ma non solo animali. Iconico è il trofeo a forma di pera di Acapulco, spesso abbinato a un bel sombrero. Nel 2005 un giovanissimo Nadal si aggiudica il titolo messicano e riceve in premio la celebre pera, senza manifestare un grande entusiasmo per il trofeo. Tanto che lo spagnolo dimentica inavvertitamente il premio in albergo prima di prendere l’aereo. Ma tutto è bene quel che finisce bene e gli organizzatori del torneo riescono a fargli recapitare l’originale trofeo alle Atp World Tour Finals! Meglio però della inquietante piovra di Abu Dabi vinta da Djokovic: una creazione in vetro ideata da uno studente della Zayed University di Abu Dhabi che non ha incontrato l’approvazione di tutti. E non poteva mancare Dubai che nel 2012 optò per due premi diversi ai finalisti della kermesse, omaggiando Federer con un trofeo a forma di veliero mentre allo sconfitto Murray donò un pugnale. Un messaggio subliminale? E anche di recente ha fatto piuttosto discutere il trofeo alzato da Sinner a Montpellier lo scorso anno. Colorato, composto da variegati tasselli come in un mosaico ha ricordato ai più un azzardato mix tra la pietra del sole degli Aztechi e un ostensorio barocco. Non pensate poi che il solenne tempio del tennis non riservi sorprese: ebbene sì, anche il trofeo di Wimbledon cela una curiosità, un eccentrico vezzo. Il design della coppa è classico, in puro stile di fine ottocento, eppure un piccolo ananas troneggia sull’elegante trofeo. Che cosa significa? La leggenda narra che per il gusto dell’epoca, era importante che gli oggetti di valore esprimessero qualcosa di unico, un riconoscimento del proprio status symbol. Quindi un tocco esotico serviva a donare alla coppa uno stile ineguagliabile. Invece una seconda teoria riporta a una tradizione della marina militare britannica secondo cui anticamente i capitani delle navi da guerra di Sua Maestà, di ritorno da una battaglia vittoriosa in un mare lontano esponevano proprio un ananas sulle colonne d’ingresso della propria abitazione, in segno di buon auspicio. E se il trofeo più bello è sempre l’ultimo come sosteneva Maradona, il più ricercato potrebbe essere il prossimo: il premio dello U.S. Open è infatti forgiato da Tiffany & Co.
Dal 1987 la rinomata maison newyorkese di gioielleria è il produttore ufficiale dei trofei dello Slam americano, disegnandoli per la United States Tennis Association. Chissà se Flavia Pennetta o Coco Gauff innalzando al cielo il trofeo si sono sentite estasiate come Audrey Hepburn davanti alle vetrine della celeberrima gioielleria. Che poi alla fine non importa la forgia, che sia sofisticato, stravagante o bislacco, per ogni atleta riuscire ad alzare sopra la testa un trofeo, rappresenta la ricompensa dei sacrifici fatti, il riconoscimento del talento e della determinazione. Perché è solo dopo tanta fatica che si concretizza finalmente tra le mani del campione il frutto del valore inestimabile dello sport: la vittoria, capace di rende leggero da sollevare qualunque trofeo, compreso quello di Gstaad.
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