[3] C. Alcaraz b. [2] J. Sinner 2-6 6-3 3-6 6-4 6-3
Diciamolo subito: è stata una brutta partita. Se in palio c’era di più di una finale slam ebbene se si dovesse – e naturalmente non si deve – giudicare solo da questa partita allora andrebbe detto che magari un giorno chissà, ma oggi questi due non sono pronti per tenersi sulle spalle l’intero tennis mondiale. Fra i due è stato paradossalmente peggiore il vincente, Carlos Alcaraz, perché Sinner, dopo un primo set più che sufficiente, ha pagato l’infortunio che l’ha tenuto lontano da una preparazione atletica adeguata al livello del match. E va senz’altro attribuito alla grande tigna di Jannik il merito di aver portato al quinto una partita che a metà del terzo set sembrava saldamente in mano a Carlitos. Alcaraz si è forse fatto distrarre dai guai di Sinner, che sembrava avesse prima dei crampi alla mano e poi dei problemi alla gamba destra, e ha ceduto quattro game di fila senza che il nuovo numero 1 del ranking ATP facesse niente di particolare.
Alternando colpi straordinari a errori incomprensibili – ma erano di più i secondi – Alcaraz sembrava quasi sull’orlo della resa o almeno così pareva dire il linguaggio del corpo. In qualche modo Alcaraz si è aggrappato al servizio, ha tenuto fino al nono game e, chissà se complice una piccola interruzione per un malore sugli spalti, è sembrato trovasse improvvisamente la chiave. Lo ha sicuramente aiutato anche uno smash non certo impossibile sbagliato sul 30-15 da Sinner ma lo spagnolo ha chiuso il set con un rovescio a campo aperto dopo aver sballottato l’avversario e ovviamente cominciava con ben altro spirito il quinto set.
Sinner a quel accusava il colpo, e cedeva subito il servizio del secondo game. Lottava Jannik, e riusciva in qualche modo a contenere il suo calo, ma il vero problema era Alcaraz aveva un vigore tutto nuovo che lo portava a sbagliare meno, molto meno. Non a lungo però, perché la cocciutaggine di Sinner aveva l’effetto di insinuare ancora dei dubbi nella testa dello spagnolo, che si tirava fuori da uno 0-30 nel quinto game solo grazie al servizio e ad una strepitosa palla corta, così bella da meritarsi la fortuna.
Alcaraz lasciava perdere i turni di risposta e rischiava ancora nel settimo game, risolto grazie a due ottime prime, e chiudeva nel nono, al terzo match point, aiutato enormemente dal servizio da destra, dopo che Sinner aveva ancora una volta prolungato il match con grande generosità.
Come detto, è stata una brutta partita, anche se ogni tanto entrambi hanno mostrato cosa potranno fare magari già a Wimbledon, con una condizione migliore e magari con una tensione meno soffocante. Sinner ha mostrato che il numero 1 del ranking è tutto sommato meritato, se quello è il premio da dare al giocatore più costante nel corso delle ultime 52 settimane, ma meglio lasciar perdere i discorsi sul più forte del mondo e amenità del genere.
Prima finale a Parigi per Carlitos, che aspetta il vincente di una semifinale che un ATP con un minimo di decenza non avrebbe dovuto permettere. Dovesse vincere – partirà senz’altro favorito – gli mancherebbe solo l’Australian Open per il Career Grand Slam. Vale la pena ricordare che Alcaraz ha compiuto 21 anni il 5 maggio scorso. A proposito di fenomeni.
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