Luca Nardi si è presentato alla conferenza stampa dopo la vittoria, incredibile, contro Novak Djokovic con una felicità enorme stampata sul volto e salutando subito tutti i presenti. Aveva appena portato a termine la partita più importante di una carriera che di fatto nasce con il 6-4 3-6 6-3 ai danni del proprio idolo e che lo ha proiettato agli ottavi di finale dell’ATP Masters 1000 di Indian Wells.
“È vero, ho il suo poster appeso alla porta della mia camera da letto” ha detto Nardi, “ogni mattina quando mi sveglio vedo Novak, da sempre”. Sul fatto di pensare a quanto successo: “Nessuno poteva pensarlo. Ero terzo lucky loser, sono stato sorpreso anche io. Non avevo battuto nessun top-50 prima di questo torneo, ora ho vinto contro Djokovic. È incredibile. Ho cominciato a credere di poter giocarmela dopo due, tre game. Prima del match ho parlato col mio coach dicendo che non volevo perdere 6-1 6-1. Dopo tre, quattro game, con anche un po’ di vento, ho cominciato a sentirmi bene durante gli scambi e quindi forse lì. Per quanto riguarda invece il pubblico che mi incitava, sincero, ho cercato il più possibile di isolarmi e non pensarci troppo per rimanere concentrato. Dopo la partita il mio coach mi diceva: ‘Luca, tifavano tutti per te’. È incredibile, contro Djokovic che è il miglior giocatore di sempre… mi ricorderò per sempre di questo momento”.
“Ho 20 anni” ha proseguito, “guardo ogni sua partita da quando ne ho 10, l’unico vantaggio che avevo è che non mi aveva mai visto giocare. Quando ero 5-3 avevo palle quasi nuove. Oggi ho avuto qualche problema al servizio, qualche alto e basso, qualche doppio fallo… il mio coach sapeva, e quando mancavo una prima potevo essere nervoso per una seconda. Così nell’ultimo game ho soprattutto cercato di mettere la prima”.
“In realtà no, non c’è stato un lavoro specifico a livello mentale” ha rivelato, “credo di aver lavorato bene però a livello generale prima di venire qua. Non ho avuto un buon inizio di anno, mi sono girato la caviglia, ma le ultime due settimane di lavoro son state davvero buone”. Sul percorso particolare che fanno i giocatori per andare dagli spogliatoi al campo centrale, salendo sul caddy e percorrendo una lunga strada esterna prima di entrare in un tunnel: “No mi tremavano le gambe, ero nervosissimo, ricordo che dissi ai miei allenatori: ‘Andate voi, non ce la faccio’. Poi quando ho visto lui, che io e lui eravamo lì… ho tentennato, davvero, anche perché io lo vedo come Dio, cioè… no, è inspiegabile, è qualcosa che mi porterò dietro per tutta la vita”.
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