Era metà agosto del 2021, Iga Swiatek veniva dalla grande delusione personale dei Giochi Olimpici terminati al secondo turno contro Paula Badosa e un pianto a bordo campo che durò almeno una ventina di minuti dopo la fine del match. Prese un po’ di tempo per staccare la spina, andò in vacanza, rientrò per il WTA 1000 di Cincinnati dove il sorteggio non le fu amico e venne sconfitta all’esordio contro Ons Jabeur. A novembre, a Guadalajara, fu Maria Sakkari a batterla nel primo match del Round Robin delle Finals. A seconda di quale vogliate considerare, se l’ultima volta ufficiale o l’ultima volta in un torneo che non abbia gironi o competizioni a squadre, quelle furono le ultime sconfitte all’esordio della polacca.
Due anni e mezzo, quaranta tornei dopo, la serie è ancora viva. A Dubai Swiatek è riuscita a emergere da un esordio davvero delicato, scomodo, fastidioso, e con tante fasi rese difficili da una condizione fisica e mentale ben lontana da quanto la Sloane Stephens di oggi chiedeva. È stata una vittoria di forza, di nervi e anche, se vogliamo, di convinzione che può continuare a fidarsi di se stessa anche quando poco o nulla funziona come vorrebbe e qualche parola di troppo scappa anche tra una prima e una seconda palla di servizio.
Un 6-4 6-4 per nulla banale, per tante ragioni che non si fanno a come può aver giocato i dritti o cercato di sfondare col rovescio incrociato, perché per lunga parte della partita non riusciva a togliere Stephens da una posizione di relativo comfort nei pressi della riga di fondo, e non aveva (Iga) quella palla così efficace. La grande fatica fatta sabato a Doha, quella finale vinta con uno sforzo così grande contro Elena Rybakina, si è fatta sentire in maniera importante. Ed era prevedibile, perché una partita come quella non va via in due giorni. La finale di Roma dello scorso anno, tra lei e Aryna Sabalenka, rimase nelle gambe e nella testa di entrambe per quasi una settimana. La bielorussa perse per la prima volta in stagione al primo match di un torneo proprio al Foro Italico, la polacca raccontò più avanti della “buona sorte” che le concesse un giorno in più di riposo. E lì stavamo parlando di quasi una settimana di stacco.
Oggi Swiatek ha faticato nel primo set a rincorrere un’avversaria partita in maniera splendida, mentre nel secondo ha dovuto resistere fino al decimo game per riuscire a chiudere una pratica davvero complicata. Viene magari da chiedersi che ruolo potrà recitare nel secondo WTA 1000 dell’anno, se riuscirà a recuperare un po’ di brillantezza, ma oggi è un nuovo segnale chiaro di chi non vuole mai mollare. Non l’ha fatto nel primo set quando si è trovata indietro per tre volte di un break, con una Stephens che nella prima mezz’ora di gara sembrava poter anche dilagare nel punteggio aiutata da un palleggio da fondo di alto livello e soprattutto un rovescio da cui sono usciti almeno tre vincenti in lungolinea clamorosi. Iga non l’ha fatta allungare sul 2-1, quando pure ha avuto tre chance di 3-1, e pur perdendo ancora per due volte il servizio è riuscita a fare un ottimo lavoro in risposta fino a stroncare la spinta offensiva della statunitense.
Sul 4-3, infatti, Sloane ha giocato il game al servizio peggiore del parziale (e del match) e il controbreak a zero veniva seguito da un game di Swiatek con ottimi servizi passando avanti per 5-4. Lì, i primi due punti sono stati cruciali. La bella azione difensiva per concludere con un passante di rovescio le dava lo 0-15, divenuto 0-30 con un lob difensivo su cui Stephens è andata fuori giri. In quel momento, creandosi da sola la possibilità di attaccare e mettere pressione, ha avuto vita facile per chiudere un set davvero incerto. Nel secondo però la musica non cambiava: subito sotto 0-40 è riuscita a risalire giocando in maniera rapida e propositiva, cancellando quattro palle break, ma non sfruttando il momento positivo. Cominciava una lunga serie di palle break non sfruttate, che per una come lei deve aver dato un fastidio enorme. Tre mancate sull’1-0, uno 0-30 buttato con risposte di rovescio lunghe sul 2-1, addirittura quattro chance fallite sul 3-2 e un altro 15-40 buttato sul 4-3.
I treni passavano, Stephens si stava comportando molto bene soprattutto nel tenere in apnea l’avversaria che si stava trovando sempre più incartata nel non riuscire ad aprire angoli come le piace fare, nel non trovare la via per un punto “comodo”, dovendo spesso inventarsi vincenti di grande qualità come un rovescio strettissimo a uscire dal centro del campo in uno di quei tanti turni di risposta. Eppure Swiatek non la staccava, e stava consumando tantissimo. Sul 4-4, dopo nove palle break consecutive mancate, ha giocato un game in maniera abbastanza spregiudicata gettandosi a rete o per mischiare le carte, o per conservare energie visto che l’orologio stava arrivando alle due ore di gara. Dal 40-0 ha rischiato di buttare tutto, riportando in vita l’avversaria e salvandosi grazie a qualche seconda coraggiosa ma soprattutto ad alcuni errori di troppo col dritto di Sloane.
Si è arrivati così sul 5-4 grazie a una delle solite, ormai, prime vincenti al centro, e lì come nel primo set si è costruita la vittoria quando la situazione sembrava “chiusa”. Sul 30-0 Stephens ha rimesso in azione il proprio dritto, prima pescando un angolo stretto con un colpo molto carico e ingiocabile, poi col colpo di genio di una risposta di dritto anomalo sul 30-15 mai provata nella partita e risultata praticamente vincente. Di colpo, era sul 30-30 e ha giocato con enorme attenzione il punto successivo, tenendo alta la traiettoria ma senza prendere angolo, spingendo Sloane ad attaccare e finendo per steccare. Sul match point, altra risposta di dritto anomalo riuscita e dopo aver stretto l’angolo sul dritto dell’americana ha lasciato andare il proprio dritto lungolinea piazzato vicino alla riga laterale. Una grande esultanza, a sfogare tutta la tensione accumulata fin lì, ha accompagnato l’urlo conclusivo.
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