No, non sono più quei tempi. Quelli di una Squadra che in Davis scaldava i cuori degli italiani. Ma possono tornare, anzi torneranno. Lo sostengono Adriano Panatta e Daniele Azzolini che sulle pagine di “Niente è impossibile”, il quarto libro scritto insieme, il terzo per Sperling & Kupfer, tentano un confronto fra la prima età dell’oro del nostro tennis, che riporta agli anni Settanta dei “ragazzi di Formia”, e la nuova età dell’oro che è ormai possibile configurare nei risultati di Berrettini e Sinner, di Musetti e Sonego.
Un’età dell’oro che sta prendendo forma in questi anni tutt’altro che facili, fra guerre, covid e addii dolorosi come quello di Roger Federer, ma che ha già offerto un quadro d’assieme abbastanza preciso delle possibilità degli italiani. «Curioso», sostenevano insieme Panatta e Azzolini, in una recente chiacchierata sul tennis che si è svolta a Cortina, davanti a trecento persone, «le doti tecniche dei nostri primi tre in classifica, potrebbero avviare già da quest’anno Berrettini, Sinner e Musetti al vertice delle classifiche di rendimento sulle superfici che amano di più. Sinner tra i primi cinque sul cemento, Musetti nella Top Five della terra rossa, e Berrettini addirittura sul podio dell’erba. Basta che gli infortuni li lascino in pace».
Dunque la vittoria in uno Slam è possibile. «Sì», la risposta che Panatta dà sulle pagine del libro, «e anche in Davis. Non sarà facile, forse serviranno altri tentativi, ma sono convinto che alla fine vi riusciranno». La pensano allo stesso modo Pat Cash, John McEnroe e altri che i nostri tennisti hanno imparato ad apprezzare, chiamati a comporre il cast di questo volume che mette insieme ricordi, interviste, pagelle e statistiche, curiosità e aneddoti del presente e del passato. Alcuni indimenticabili, come quello sulla cinquecento appena acquistata da Livio Berruti, primatista mondiale e medaglie d’oro olimpica nella velocità prima di Mennea, che per scherzo gli altri azzurri della staffetta parcheggiarono su un albero del centro tecnico di Formia. Ma era un altro sport, erano altri tempi. Ed era un altro tennis, dice Panatta, mentre i ragazzi di oggi nascono tutti da esperienze internazionali. Cittadini del mondo, ma con la racchetta in mano.
LA SINOSSI DEL LIBRO: Cinquant’anni dopo la prima Età dell’Oro del tennis italiano, quella dei «ragazzi di Formia» vincitori della Coppa Davis, se ne è ufficialmente aperta una seconda, quella di Berrettini e Sinner, che sta prendendo forma sotto i nostri occhi. Oggi come allora, si va ai tornei convinti che un italiano possa vincere. Adriano Panatta «scannerizza», racconta, confronta i due giovani talenti – con tanto di pagelle – e si chiede: «Chi ha mai giocato in Italia un tennis alla Berrettini? Nessuno, che io ricordi. E lo stesso vale per Sinner. Sono figli di un altro tennis. Berrettini mette in campo il glamour di un tennis che levita fra le più seducenti contraddizioni. C’è il brivido di velocità ipersoniche, che riducono tutto all’essenziale, e colpi che somigliano a fuochi d’artificio. Game che durano meno di quanto occorra a pronunciare il nome di chi sia alla battuta. E palline che viaggiano come in un toboga. Impazzite. Letali. Sinner è prensile, trasformista, agile nei pensieri e pronto a cambiare direzione quand’è il caso. Uno che sul campo non smette mai di stupire. Ha un rovescio che ammalia per le direzioni che prende, un dritto pesante quando riesce a salirci sopra con tutto il peso, e un ritmo negli scambi che fa venire il mal di testa agli avversari. Matteo e Jannik con i colpi a loro disposizione fanno male a chiunque… Dite che è cambiato il nostro tennis? Eccome se è cambiato.»
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