Con Iga Swiatek la WTA ha trovato la sua nuova numero 1 del mondo, la ventottesima leader del tennis femminile dal 3 novembre 1975, giorno in cui venne pubblicato il primo ranking con Chris Evert allora al comando.
Swiatek è anche la settima giocatrice a raggiungere per la prima volta il vertice della classifica negli ultimi cinque anni dopo Angelique Kerber, Karolina Pliskova, Garbine Muguruza, Simona Halep, Naomi Osaka, Ashleigh Barty. Quattro di loro, però, hanno visto la loro leadership racchiusa in un anno (2017).
La WTA sembrava aver trovato con Barty una certa stabilità, tanto che il gruppetto di top-10 dietro di lei stava anche facendo buoni risultati. L’australiana era leader incontrastata, ma la sua presenza al vertice di fatto caricava anche le altre e in questa prima parte di 2022 quasi tutte le finali dalla categoria WTA 500 in su hanno visto almeno una top-10, a eccezione di Dubai dove comunque si sfidarono Aljona Ostapenko, ex top-5 e in un momento di forma eccezionale e Veronika Kudermetova, protagonista di un bell’inizio di stagione.
Adesso, con il ritiro improvviso di Ash, toccherà a Swiatek guidare il gruppo. La polacca, che il 31 maggio compirà 21 anni, è reduce da 52 settimane di grande sostanza, con qualche lato negativo sul finire del 2021 e dove ha ammesso di essere arrivata molto scarica a livello di energie soprattutto mentali, ma alla fine ci sono ben quattro titoli ‘1000’, una semifinale Slam e un quarto di finale Slam. Abbiamo preparato una tabella per spiegazione la sua evoluzione, e quella delle sue “sorelle” nelle 52 settimane precedenti a diventare leader della classifica WTA.
Per la tabella qua sotto, potete cliccare e aprire la foto a grandezza naturale.
Il 5 aprile 2021, alla fine del torneo di Miami, Swiatek era numero 16 del mondo. Una posizione simile, 52 settimane prima di diventare leader, l’hanno avuta Barty (numero 17 a metà giugno 2021), Pliskova (numero 17 a metà luglio 2016) e Martina Hingis (numero 16 a inizio aprile 1996). Come Barty, Swiatek condivide il minor numero di settimane trascorse al numero 2 prima di salire in vetta alla classifica: l’australiana arrivò appena dietro a Osaka nel giugno 2019 dopo la vittoria al Roland Garros, per passarla poi trionfano a Birmingham; la polacca come si è visto ha prima vinto Indian Wells e poi dominato a Miami (e approfittando del ritiro di Ash). Barty invece ha il record di minor settimane trascorse dal debutto in top-10 al debutto da numero 1 del mondo: appena 12, dal successo a Miami del 2019 al 24 giugno dello stesso anno. Il precedente apparteneva a Hingis, con 25.
Nessuna come Naomi Osaka, invece, era partita da così indietro. La giapponese divenne numero 1 del mondo dopo l’Australian Open 2019, un anno prima era addirittura numero 53. Il 2018 fu l’anno in cui vinse il primo titolo in carriera a Indian Wells, ma da marzo a luglio i risultati oltre al 1000 californiano furono di poca rilevanza. La crescita, esponente, partì dallo US Open vinto che la catapultò in top-10, concludendo l’anno molto bene con la finale “a casa sua” a Tokyo, la semifinale a Pechino e le prime Finals che le diedero la top-5. Lei, come in precedenza Simona Halep, Garbine Muguruza e Karolina Pliskova, ha avuto un balzo importante per raggiungere la vetta. Naomi ha meritato l’ascesa con due Slam e un titolo ‘1000’, ma partiva da veramente molto lontano e in termini di punti quei tre anni (2016/2019) sono stati molto particolari. Senza Maria Sharapova, Serena Williams, Victoria Azarenka e Petra Kvitova i vertici furono molto livellati, tanto che per diverso periodo parlammo di numerose giocatrici che potevano contendersi il primato. Proprio all’inizio di quell’Australian Open 2019, addirittura, erano in 11 in meno di 2000 punti. L’ultima prima di Osaka a diventare numero 1 con due titoli Slam nell’arco delle ultime 52 settimane è stata Kerber, vincitrice all’Australian Open e US Open 2016.
Il cammino di Muguruza è un altro esempio ancora. Di fatto la rincorsa della spagnola cominciò con la vittoria al Roland Garros 2016. Dopo lo US Open di quell’anno era numero 3 e si mantenne tra i piedi del podio e il numero 7 per un anno. Furono soprattutto piazzamenti, tanto che il vantaggio sulle inseguitrici si riduceva e la classifica, in generale, si compattava. Arrivati al Roland Garros 2017 lei perse agli ottavi contro Kristina Mladenovic e il crollo in classifica la vide arrivare al limite della top-15. Come niente, però, tutto si riequilibrò nel giro di qualche settimana grazie al trionfo a Wimbledon che la riportava immediatamente in top-5. Il titolo a Cincinnati, un mese più tardi, la metteva in ottima posizione per essere numero 1 al termine dello US Open, giunto anche grazie al tracollo di Halep contro Maria Sharapova. Particolare anche il cammino di Pliskova, che dopo Wimbledon 2016 era numero 17 ma la finale allo US Open la spinse fino al numero 6. Anche per lei da quel momento tanti buoni piazzamenti ma al di là di un titolo a Brisbane a inizio 2017 poco altro. E la ceca divenne numero 1 con l’incredibile combinazione di lei sconfitta al secondo turno a Wimbledon e Kerber sconfitta all’esordio.
Azarenka arrivò al numero 1 per la prima volta nel 2012. Fu il premio a un inizio di anno strepitoso, un traguardo ottenuto da imbattuta vincendo Sydney e l’Australian Open e prolungando poi la serie positiva, da leader WTA, fino a Miami. La bielorussa, allora ventunenne, aveva già mostrato numeri importanti anche se per varie vicissitudini dalla metà del 2013 in poi ha sempre faticato tanto a ripetersi su quella maestosa brillantezza di inizio carriera. Come era molto giovane anche Caroline Wozniacki, che salì al numero 1 del mondo a Pechino nel 2010. La più giovane numero 1 del mondo prima di Swiatek, arrivata con un buon percorso cominciato nell’ottobre 2009 da numero 6 a seguito della prima finale Slam a New York (persa contro Svetlana Kuznetsova, una che invece pur avendo due Slam in bacheca non è mai riuscita a essere leader della classifica). La danese fin dalla seconda delle 52 settimane è rimasta tra numero 4 e numero 2 del mondo, vincendo nel 2010 a Tokyo, Montreal, New Haven, Pechino, Copenaghen e Amelié Island (solo gli ultimi due di categoria ‘250’) e facendo finale a Indian Wells. un cammino di grande sostanza, come poi tutta la sua carriera.
Dinara Safina partiva dal numero 17 del mondo e a livello di titoli si avvicina abbastanza a quelli vinti ora da Swiatek: la polacca ha quattro ‘1000’, la russa ne aveva tre (Berlino 2008, Montreal 2008, Tokyo 2008) oltre alle finali Slam perse di Melbourne 2009 e Parigi 2008. Jelena Jankovic invece riprende un po’ il filo del 2017/2018 e dei vari capovolgimenti in testa quando c’era poco margine tra le prime, tanto che è la sola ad aver raggiunto il numero 1 con un solo titolo vinto nelle 52 settimane precedenti (Roma 2008) e perdendo la finale a Toronto 2007, Pechino 2007, Miami 2008 e facendo semifinali a Melbourne 2008 e Roland Garros 2008. Eppure lei in quelle 52 settimane non è mai uscita dalla top-5. Da questo punto di vista Ana Ivanovic ha avuto una scalata diversa, cominciata al numero 6 in un anno in cui si è imposta in quattro tornei tra cui Indian Wells e Parigi. Ben sei i successi di Sharapova, che tra 2004 e 2005 aveva vinto come tornei importanti le Finals, Doha e Tokyo perdendo in finale a Zurigo e Miami.
Imponente, d’altronde stiamo parlando di leggende dello sport, il cammino avuto da Serena Williams, Venus Williams, Justine Henin e Kim Clijsters. Serena si impose tra luglio 2001 e luglio 2002 a Parigi (2002), Wimbledon (2002), alle Finals (2001), a Toronto (2001), Miami (2002), Roma (2002) e al torneo di Scottsdale a inizio 2002, perdendo la finale dello US Open 2001 e di Berlino 2002. La sorella maggiore tra febbraio 2001 e febbraio 2002 invece vinse a Wimbledon (2001), US Open (2001), Miami (2001), Amburgo (2001), Stanford (2001), New Haven (2001), Gold Coast (2002), Parigi indoor (2002) e Anversa (2002). Henin tra ottobre 2002 e ottobre 2003 vince il Roland Garros, lo US Open, Toronto, Charleston, Berlino, Dubai e Linz perdendo tre finali “minori” tra ‘s-Hertogenbosch, Stoccarda e Lipsia. Clijsters infine tra agosto 2002 e agosto 2003 conquistò i titoli a Indian Wells, Roma, Stoccarda, alle WTA Finals, Sydney, ‘s-Hertogenbosch, Stanford, Los Angeles e perdendo la finale al Roland Garros, in Giappone, ad Anversa, Scottsdale, Berlino e San Diego. Solo Venus partiva, nel ranking, da una top-3.
Andando giù i numeri si fanno via via sempre più alti e costanti: 7 titoli per Martina Hingis nell’anno in cui divenne numero 1, 6 per Lindsay Davenport, 8 per Arantxa Sanchez Vicario, 10 addirittura per Monica Seles, 12 per Steffi Graf. La tabella non riesce ad andare oltre, ma prima di loro ci furono Chris Evert, la prima numero 1 del mondo in assoluto il 3 novembre 1975 alla pubblicazione del primo ranking ufficiale WTA, poi Evonne Goolagong nel 1976, Martina Navratilova e Tracy Austin. Tutte loro hanno ottenuto successi enormi, ma è già difficile comparare i risultati delle giocatrici degli anni 90 con quelle del 2000, figuriamoci allargare il confronto. Altro tempo, altro tennis, altra libertà di poter scegliere cosa giocare senza tanti problemi. Singolare, semmai, come Sanchez Vicario sia rimasta sempre ancorata al secondo posto nell’intero anno che ha preceduto il suo esordio al numero 1 del mondo. Succede anche questo quando si è in un periodo storico dominato. Dall’agosto 1987 al febbraio 1995 infatti a scambiarsi le posizioni in vetta furono soltanto Graf e Seles, con Steffi che aveva cominciato il suo regno con ben 186 settimane da leader, record eguagliato da Serena tra 2013 e 2016.
Swiatek è arrivata al comando con quattro titoli ‘1000’ vinti, diventando la prima a vincere i primi tre della stagione e la quarta nella storia a completare il Sunshine Double. Ora tocca a lei guidare il gruppo. Gli stenti delle dirette avversarie fin qui la stanno tenendo lontana nel punteggio e nella pressione di dover subito difendere quel ruolo. Ma ci sarà già sufficiente tensione che dovrà riuscire a controllare e far sua. Come è stato fin qui per ogni step della sua carriera molto precoce e che l’ha portata a essere la decima numero 1 più giovane nella storia del circuito maggiore femminile.
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