Professionista dal 1998, ritirato nel 2022. Una carriera lunga cinque lustri che si concluderà al prossimo Trofeo Conde de Godó a Barcellona, in casa, davanti alla sua gente.
Tommy Robredo è stato uno dei giocatori più importanti del tennis spagnolo del 21° secolo e tra pochi giorni appenderà ufficialmente la racchetta al chiodo. Il catalano si è raccontato a Punto se Break ripercorrendo la sua storia nel circuito. “Sono entusiasta di giocare il mio ultimo torneo a Barcellona, a casa mia. Il mio sogno era dire addio davanti al pubblico, alla mia gente, ritirarmi un anno fa sarebbe stata un’opzione ma con il Covid non avrei avuto il finale che volevo. Non potevo immaginare un addio senza che i miei genitori fossero sugli spalti, così ho deciso di rinviare tutto di un anno”.
“Il tennis mi ha dato molto, mi ha insegnato tutto, mi ha fatto crescere, mi ha dato l’educazione e i valori che ho – ha proseguito Robredo -. Il tennis ti porta a cadere e rialzarti ogni settimana, a sapere vincere e sapere perdere, a raggiungere la fama, a guadagnare soldi già da giovane, a raggiungere i tuoi obiettivi… quello che vive una persona normale a 70 anni, gli atleti lo vivono in 20”. Lo spagnolo non ha dubbi su quale sia stata la partita della sua vita: la finale del torneo di Valencia nel 2014, persa 7-6 al terzo contro Andy Murray dopo tre ore e 20 di gioco.
“È stata la partita più crudele della mia carriera ma, allo stesso tempo, è una delle partite di cui ho i ricordi più belli. Quel match è stato spettacolare, l’ho rivisto diverse volte e mi viene sempre la pelle d’oca, abbiamo giocato entrambi ad un livello straordinario, nello stile di Djokovic-Nadal agli Australian Open. Una partita con cinque match point a mio favore, giocata con Andy, persona che apprezzo molto. Dopo il match siamo andati insieme a Parigi-Bercy sul suo aereo privato: lui festeggiava con lo champagne e io lì dietro a bere acqua. È una partita che ho perso ma a cui sono molto affezionato”.
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